Lizzie Riley è reduce da una burrascosa separazione. Quando riceve la notizia che suo figlio Tom è stato accettato in una prestigiosa scuola, si sente sollevata: spera che le cose riprendano ad andare per il verso giusto. La reputazione dell’istituto è eccellente. Eppure l’entusiasmo iniziale si spegne dopo poco tempo: fin dal primo giorno Lizzie ha l’impressione che in quella scuola ci sia qualcosa che non va. Ai genitori è proibito attraversare il giardino ed entrare insieme con i bambini; le finestre sono chiuse e protette da pesanti inferriate. Con gentilezza le viene spiegato che è bene che i ragazzi guadagnino al più presto una certa indipendenza, e che una presenza troppo asfissiante dei genitori non è funzionale alla loro istruzione. Ma perché Tom torna sempre a casa esausto e si rifiuta di raccontare qualsiasi cosa della sua giornata? Che cosa sono quegli strani segni sul suo braccio? E perché i suoi compagni di classe hanno paura di parlare, quando Lizzie fa loro delle domande?
Premetto che ancor più di un titolo insulso ne detesto uno fuorviante e, purtroppo, ultimamente ne sto trovando troppi.
Il romanzo è stato sviluppato essenzialmente su un doppio pov, quello di Lizzie e di Kate.
Lizzie è una madre che fugge dalla minaccia di un marito violento, portando via con sé il figlioletto Tom. Kate è l’assistente sociale che li assiste.
La figura emotiva di Lizzie è molto ben descritta: da sempre succube di una madre per la quale le apparenze contavano più di tutto al mondo, è cresciuta nel mare di bugie che la stessa propinava a lei e agli altri, per far apparire la loro famiglia perfetta. Quando incontra Ollie, che la riempie di attenzioni fin troppo asfissianti, crede di non potersele meritare e aspetta inevitabilmente qualcosa che rovini il loro rapporto, poi una serie di violenze domestiche la spingono a fuggire per rifarsi una vita col figlio. Con l’aiuto dei servizi sociali, Tom viene accettato in una scuola tanto prestigiosa quanto sinistra, con metodi di prevenzione meritevoli di un istituto di detenzione, per cui il ragazzo mostra, da subito, segni di evidente disagio. Da qui la battaglia della madre per scoprire la verità sulle ferite e le crisi del figlio.
Kate è appena stata assunta nell’ufficio dei servizi sociali e si trova subito catapultata nella realtà in cui, se non lavori 24 ore su 24, 7 giorni su 7, non potrai mai stare dietro a tutti i casi assegnati. È una giovane sposina con tanta buona volontà e un marito molto comprensivo!
Fra i primi casi che le capitano in mano, ci sono i fratelli di una famiglia disagiatissima e poi Tom (casualmente tutti i ragazzi frequentano la stessa scuola). Mossa dai sospetti di Lizzie, intravede anche lei qualcosa di poco chiaro nella scuola e la sua perseveranza la porterà a scoprire la verità.
Fino ai ¾ del libro l’ho ritenuto ben scritto, dal buon ritmo, ottima caratterizzazione dei personaggi ma con una trama un po’ scontata. L’ultima parte ha ribaltato, in meglio, la mia opinione, con un colpo di scena pazzesco! Quindi sì, lo consiglio, perché non si finisce mai di scoprire la psiche umana e le sue aberrazioni.
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