Quando un agente americano viene preso in ostaggio, la famosa assassina della Seconda Guerra Mondiale Madeleine Toche ritorna in azione per salvarlo, affrontando l’OLP e altri avversari nel bel mezzo della guerra israeliana dello Yom Kippur.
Toche, conosciuta con terrore come l’Angelo della Morte, deve inviare all’OLP un messaggio sanguinoso: rilasciare l’agente o morire.
Con l’aiuto del Mossad, Toche scatenerà la sua furia, lasciando dietro di sé una scia di distruzione.
Avete mai avuto l’impressione di immaginare le scene di un libro come se fosse un film? Questo è quello che mi è capitato con Gli angeli non muoiono mai di Soren Petrek.
La trama del romanzo ha un che di familiare. Sembra di immergersi in una di quelle storie ad alta tensione che è sempre un piacere guardare al cinema. Una di quelle storie che non può che rivelarsi un must per i fan dei thriller.
Il background della protagonista, Madeleine, è il vero fiore all’occhiello di questo libro. Le sue imprese leggendarie e l’aura di timore che incute su tutti coloro che la conoscono scolpiscono una figura assai accattivante e Madeleine dà davvero quel pizzico di profondità in più a una storia piena di colpi di scena e sempre molto dinamica.
Lo stile di Petrek è molto tradizionale. Una scrittura familiare, scorrevole e che non crea alcuna difficoltà al lettore. La sua letteratura non è avanguardista, ma è il trionfo del romanzo di genere e della letteratura d’evasione. La lettura perfetta per distaccarsi dalla realtà e godersi una storia piena di intrighi, spionaggio e sorprese.
Riesco a muovere solo un piccolo appunto a questo romanzo: la conclusione. Visto lo spazio dedicato al build up del momento culminante, mi è parsa un po’ troppo sintetica la scena finale. Mi sarebbe piaciuto assistere a un epilogo più corposo che mi permettesse di prendermi il giusto tempo per dire addio ai personaggi protagonisti di questa adrenalinica avventura.
Si tratta, comunque, di un libro ben scritto, assolutamente consigliato ai lettori che amano il genere thriller.
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