Recensione “Il ghibellin fuggiasco” di Giovanna Barbieri

 

Dante e Cangrande della Scala

Seconda edizione di Cangrande paladino dei ghibellini.

Tra il 1312 e il 1314 la guerra contro la guelfa Padova diventa più cruenta. Nel 1312 entra a Verona il poeta Dante Alighieri, al quale Cangrande della Scala concede riparo. Il rimatore decide di terminare “il Paradiso” nella Biblioteca Capitolare e di cercare i figli Pietro e Iacopo. Le vicende di Dante e del signore di Verona s’intrecciano con il casato Aligari di Fumane, dove sono reclutati i cavalieri senza terra e ricchezza Paolo e Julien de Grenier, d’origine franca. Il cavalier Julien conduce da anni una faida contro una famiglia ebraica convertita al cristianesimo, che abita appena oltre il villaggio di Fumane. Paolo e Caterina, la maggiore dei ragazzi perseguitati, s’incontrano per caso nel bosco Belo e s’innamorano a prima vista. La loro relazione, però, è ostacolata da Julien.

 

Siamo agli inizi del 1300, infuria la guerra fra guelfi e ghibellini e ci troviamo nei territori intorno a Verona, Dante Alighieri esiliato da Firenze trova ospitalità presso Cangrande della Scala; la sua opera “L’inferno” comincia a suscitare apprezzamenti e il rimatore deve cercare di sopravvivere fra concessioni dei Signori e portare a termine la stesura de “Il paradiso”. La sua storia si interseca con quella di Caterina e Paolo, due amanti che non possono coronare il loro sogno d’amore a causa di una faida fra le famiglie. Caterina e i suoi fratelli sono orfani e cercano di portare avanti la fattoria di famiglia fra stenti ed epidemie. La loro famiglia, essendo di origine ebraica, è malvista dalla popolazione, vivono quindi isolati e la ragazza pratica le arti di curatrice di nascosto per evitare di essere accusata di stregoneria. Paolo è un cavaliere del conte Aligari, la sua vita si consuma sui campi di battaglia ma quando incontra Caterina desidererà anche l’amore nella sua vita.

 

L’autrice svolge, come sempre, un sopraffino lavoro di ricerca storica garantendoci un sipario molto attendibile sulle condizioni di vita nel nord est (sua terra natale e, pertanto, a lei cara); la vita agiata nei palazzi dei Signori si contrappone a quella della gente comune che cerca di sopravvivere nonostante gli stenti, i tributi e le calamità naturali. Interessante vedere nel vivo come gli artisti, per poter avere il tempo di creare, dovessero dipendere in tutto dai loro mecenate. Usi e costumi ci vengono illustrati nella narrazione rendendola vivida, i personaggi sono ben caratterizzati e la trama scorre fluida; ho trovato un po’ meno appassionanti le vicende politiche ma mi rendo conto siano essenziali per comprendere il contesto storico.

 

 

 

Anna

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