Recensione “Mia madre aveva una Cinquecento gialla” di Enrica Ferrara

 

Gina ha dieci anni ed è figlia di un politico democristiano, Mario Carafa, che nell’estate del 1980 è costretto a scappare da Napoli e a lasciare la sua famiglia. Con la madre Sofia e la sorella Betta, Gina parte sotto falso nome per raggiungere il padre in Sardegna. Grazie alla passione sfrenata per le storie e le parole nuove, Gina prova con tutte le sue forze a comprendere cosa stia succedendo, cercando di decifrare il significato di termini per lei esotici come “capro espiatorio”, “latitante”, “brigatista” e “camorrista”. Le sembra di capirne il senso, eppure più passa il tempo e più rimane confusa: suo padre è innocente o colpevole? È un politico o un camorrista? Chi sono i suoi amici e chi invece gli è diventato nemico?
Tra incomprensioni familiari, ribellioni adolescenziali, nuove amicizie e nuove avventure a bordo della sgangherata Cinquecento gialla di sua madre, Gina supera questo periodo difficile e si mette a investigare per conto suo per scoprire le vere ragioni che stanno dietro la latitanza di suo padre e soprattutto per cercare di riportarlo a casa una volta per tutte.
Un esordio dolceamaro su una famiglia che di colpo si ritroverà catapultata in mezzo agli intrighi politici che hanno diviso l’Italia nel periodo a cavallo degli anni Ottanta, a ridosso degli anni di piombo e del rapimento Moro.
Un romanzo di formazione autentico e onesto che racconta di trame occulte e malaffare visti attraverso lo sguardo curioso di una ragazzina restituendo allo stesso tempo un quadro vivo e realistico di un periodo della nostra storia su cui rimangono ancora troppi misteri.

 

Il componimento narrativo mi fa pensare ai fiori di ciliegio della Lego (anch’essi ricevuti  per Natale): tanti rametti… alcuni tempestati da fiorellini rosa, altri più secchi. In  comune l’origine, partono dallo stesso tronco: il sentimento, la stima, l’indubbia fiducia che Gina prova per il padre, emozioni che restano immutate nel tempo. 

L’analessi consente al lettore di venire a contatto con le più disparate tematiche. Sono  questi i “rami” ed è in questo che io ritengo consista la ricchezza del romanzo. Non importa se tanti argomenti sono appena citati: gli stessi diventano un’opportunità,  la fonte cui attingere ogni qualvolta si abbia sete: 

Il terremoto dell’Irpinia 

La vicenda di Aldo Moro 

Partiti politici, massonerie, camorristi e brigatisti 

I richiami alla Francia di Maria Antonietta 

Le crisi adolescenziali e le correlate sfide esterne che conducono Gina e Sara all’evasione  per la condivisa voglia di scrivere 

Le località e i siti: la Sardegna in cui si recano con falsa identità, Roma con – il loro  inquieto soggiorno nel paese vicino – Napoli e Formia, Isola di Capo Rizzuto (che isola  non è) 

La madre?… il mio pensiero corre al termine “latitanza” nel significato di assenza,  inefficienza. Sofia non sta bene, sola, si sente tradita dal marito ma .. tra le righe .. crede  alla sua buona fede. 

Però, proseguendo nella lettura, l’immagine della madre stessa, il suo spazio nel  romanzo si evolve, cresce. Emerge così la forza di una donna…di tre donne che  ingranano la “prima, seconda, terza, quarta” marcia e … anche se su un’auto piccola,  gialla e con una marcia in meno”… ce la fanno!!! Supportate dalla diversa audacia e  vigorìa raggiungono la tanto agognata quintaaa …..

 

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