Benvenuti a tutti all’ultima tappa del Blogtou “Lo scorpione odia la Vergine”, secondo volume della serie Segni d’amore. Siete curiosi di leggere la nostra recensione e un bellissimo estratto? Non dimenticatevi di leggere l’articolo fino alla fine, perchè un bellissimo giveaway vi asspetta…
Ho letto altri romanzi di questa autrice e devo dire che non sbaglia un colpo. Originale, romantico, interessante, sempre con qualche spunto, a volte stravagante, ma sicuramente brillante. Una scrittura fluida che, con leggerezza, aiuta chi legge ad appassionarsi alla storia ed ai personaggi, quasi fosse uno spettatore che vive sulla propria pelle le varie vicende, soffre e ride con loro, si arrabbia, spera e ama.
Percy e Cal, vicini da una vita, un’amicizia singolare ed eccentrica, basata sul battibecco, sull’arte della retorica, sulla magia dei segni zodiacali eppure nel momento del bisogno la sostanza viene fuori ed ognuno dei due è pronto per l’altro, pronto da sempre e più di quello che crede.
Percy viene da una famiglia che lo ha cacciato di casa dopo il suo outing, accolto da una meravigliosa zia e dai suoi stravaganti vicini di casa. È un ragazzo che ha sofferto e che vede allontanarsi tutti coloro che ama: dall’abbandono della famiglia, alla morte della zia, al fidanzato che lo tradisce. E’ un ragazzo perso, che non sa cosa fare della propria vita, vede in quella casa che la zia gli ha lasciato tutti i ricordi belli della sua vita. Ci vede l’affetto della zia, ma anche il primo amore per Cal, il suo vicino che ha sempre segretamente amato.
Cal invece è un ragazzo con una brillante carriera universitaria davanti a sé, che tuttavia deve lasciare per aiutare la propria famiglia, e una fidanzata storica che decide di lasciarlo per tentare nuove strade.
Percy e Cal amici da sempre, uno gay dichiarato e uno etero ma mai veramente e profondamente felice, se non accanto al suo vicino di casa.
Nuove emozioni, un’amicizia che si fortifica, si mette alla prova e cerca la via. La via per la felicità.
Consigliatissimo!!!
Raggiunsero la proprietà di Peter Molton, a una quarantina di minuti di macchina dal vicolo cieco. La casa era incastrata tra due villette a schiera in pessime condizioni. Percy non era granché convinto.
«Questo al massimo può essere un alloggio per sfollati,» commentò Cal. Durante il tragitto, il suo buonumore aveva lasciato spazio alla frustrazione. Più chilometri facevano, più la sua espressione si incupiva. «Forza, andiamo.»
Percy si sganciò la cintura di sicurezza e trattenne una risata quando si beccò un’occhiataccia palesemente irritata.
«Intendevo andiamocene a casa.»
«Lo so. Dai, vieni.»
Il giardinetto angusto portava a una veranda scricchiolante. «Questo posto non fa per te,» riprovò Cal, scacciando un insetto dalla maglietta. Una maglietta blu nuova, notò Percy.
Con le labbra incurvate in un sorriso divertito, Percy provò a bussare, dopo aver tentato con il campanello ormai defunto.
Un Peter ricciuto, rosso in volto e con lo sguardo sfuggente aprì la porta di uno spiraglio. «Ehm, un attimo.» La richiuse e gridò qualcosa a qualcuno.
«Un’eccellente prima impressione,» borbottò Cal all’orecchio di Percy, che sentì un brivido lungo la spina dorsale.
La porta si spalancò del tutto. Peter li invitò a entrare con un gesto sbrigativo e gliela sbatté alle spalle.
«Da questa parte.» Li guidò lungo un corridoio buio che odorava di ruggine.
Il dorso della mano di Cal diede un colpetto al suo, le nocche che gli sfioravano la pelle sensibile del polso. «Se ci ammazzano, è colpa tua.»
«Se ci ammazzano, mi prenderò la responsabilità.» Nonostante si stesse già pentendo di essere entrato, il bisogno di stuzzicarlo era irresistibile. In più era curioso di vedere fino a che punto fosse terribile quella casa. Di sicuro online gli era sembrata diversa.
Peter si fermò in un salotto oscurato da grosse tende pesanti, con un lampadario che emetteva una luce soffusa. «Le scartoffie sono di là, ma il tour inizia qui…»
In un’altra stanza, una donna imprecò. Qualcosa riguardo a “quel maledetto genio della fuga.”
«Restate qui,» intimò loro Peter. «Devo andare a rimettere in gabbia uno dei miei cuccioli.»
Non appena si dileguò, Cal incrociò le braccia sul petto, per nulla impressionato, con i piedi già rivolti verso l’uscita. «Se torna e cerca di mettere in gabbia anche noi…»
Percy sbuffò divertito. «Che immaginazione macabra. Mi piace.»
«Immaginazione macabra? Si chiama istinto di sopravvivenza.» Cal si avvicinò in punta di piedi alle tende e le scostò di lato. Forse per controllare che non ci fossero le sbarre alle finestre.
Non c’erano, grazie al cielo.
La stoffa pesante tornò al suo posto, ostruendo di nuovo la luce del giorno. Cal ruotò il busto, ma non la testa, le dita ancora strette sulle tende. «Perché mi hai chiesto di venire con te?»
Percy si strofinò il punto del polso in cui aleggiava ancora il suo tocco e fissò i cuscini infossati del divano in pelle. «Per farmi da scudo umano?»
La vista di un grosso serpente giallo che strisciava sul bracciolo interruppe sul nascere la sua risatina nervosa. Cal gli si parò davanti con fare protettivo, e tese un braccio a bloccargli il petto.
«È evidente che ne hai bisogno.»
Fecero entrambi un paio di passi indietro, senza staccare gli occhi dal rettile.
«Diciamo che non è esattamente l’appartamento che avevo in mente,» riuscì a tirar fuori lui con un brivido.
Cal gli afferrò una mano e gli strinse le dita mentre se lo tirava davanti. Gli piazzò un palmo caldo sulla spalla, l’altro alla base della schiena e lo spinse verso la porta d’ingresso.
«Mi rifiuto di avere a che fare con i serpenti, Perseus.»
«È un brutto momento per fare una battutaccia, Callaghan?»
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