Sono cresciuto ai tempi dei Troubles in Irlanda del Nord, mentre si fronteggiavano la violenta campagna dell’IRA contro la presenza britannica e i controversi metodi di Londra per ristabilire l’ordine. Sono passato quotidianamente attraverso i check-point dell’esercito mentre andavo a scuola. Ho visto familiari, amici e vicini di casa arrestati o ammazzati proprio mentre Bobby Sands cominciava lo sciopero della fame che lo avrebbe portato a morire in cella. Quando credevo di essermi lasciato alle spalle tutta questa violenza, un mio caro amico viene ucciso dalle forze speciali britanniche e, nello stesso momento, mi arrestano e mi portano in un carcere di massima sicurezza con l’accusa di terrorismo. Questa è la mia incredibile storia.
Quando ci si appresta a leggere una biografia, bisogna entrarci in punta di piedi, prendendosi tutto il tempo per assorbire ogni parola che l’autore ha voluto donare. Così mi sono ritrovata a sfogliare queste pagine con calma, gustandomi anche la prefazione e percependo come parlare di sé non possa prescindere da chi orbita nella propria vita. L’autore racconta infatti delle prime reazioni di sua madre a come lui ha descritto il suo vissuto e già questo mi ha scavato dentro un solco. Se volete leggere questo libro, che ho trovato tragicamente bello, preparatevi perché vi prenderà a cazzotti le viscere per la maggior parte del tempo. Michael Phillips è cresciuto in Irlanda del Nord, alla periferia di Belfast, nel periodo in cui l’IRA si ribellava alla presenza britannica per ottenere l’unificazione della repubblica irlandese e la violenza era all’ordine del giorno, così come la voglia di libertà. Non oso immaginare come sia camminare tra la gente con l’ansia constante di essere arrestati o giustiziati, eppure l’autore è stato in grado di farmi capire quel che provava lui. All’età di ventuno anni è stato arrestato per terrorismo e ingiustamente recluso per quindici mesi in un carcere inglese di massima sicurezza. Nonostante sia stato poi assolto, quel periodo ha ovviamente lasciato un segno indelebile nella sua vita, che lo ha lasciato inquieto per anni e a volte lo tormenta ancora. La voglia di raccontare la sua storia è nata proprio per via di un’intervista sul Corriere della Sera che, quando credeva di essersi lasciato tutto alle spalle, lo ha definito un “ex terrorista”. Aveva bisogno di dire la sua e io sono felice che lo abbia fatto, perché Michael Phillips non ha raccontato solo la sua vita, ma uno spaccato di storia che oggi deve fare i conti con una nuova realtà, la Brexit, che potrebbe riaccendere tensioni mai del tutto sopite.
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