Doppia recensione “Il bibliotecario di Auschwitz” di Andrea Frediani

 

 

 

1944. Il professore ebreo Isaia Maylaender, tornato in Ungheria da Fiume per stare vicino agli anziani genitori, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e finisce con loro ad Auschwitz-Birkenau. Maylaender è un uomo brillante, abituato agli agi, e la realtà spietata e disumana del lager minaccia di consumarlo. Giorno dopo giorno, la costante lotta per la sopravvivenza in condizioni degradanti lo spinge sull’orlo dell’abisso. Quando ormai tutto sembra perduto, una proposta inaspettata riaccende in lui la speranza: Hillgruber, un ufficiale delle SS, gli affida il compito di catalogare i libri requisiti nel ghetto di Cracovia e di organizzarli in una biblioteca che offra ai soldati nazisti distrazioni più elevate del gioco e del bordello. L’iniziativa colma di entusiasmo il professore, che spera, grazie ai libri, di rendere più umane le SS. Mentre Maylaender si getta a capofitto nella missione, e i sovietici si avvicinano sempre di più al lager, Hillgruber gli assegna altri due incarichi: fare da precettore al figlio e redigere le sue memorie di guerra, compiti che si riveleranno molto più pericolosi di quanto Isaia avrebbe mai potuto immaginare…

Da buona amante del genere non potevo esimermi dal leggere anche questo romanzo ambientato nei lager nazisti.

Isaia è un uomo piacente, colto e raffinato docente universitario di Storia.

La sua peculiarità è stimolare le menti dei giovani e, in un periodo di appiattimento culturale come quello che stava vivendo, la sfida sarebbe stata ancora più avvincente.

Si trova coinvolto in un rastrellamento quando si reca a trovare gli anziani genitori e, nel suo raffinato completo e le scarpe eleganti, si trova stipato in un carro merci insieme ad altri ebrei.

L’arrivo ad Auschwitz-Birkenau lo catapulta immediatamente in quell’incubo di cui aveva solo sentito parlare. La fame, le privazioni e il terrore scandiscono i suoi giorni, fino a quando un suo collega professore lo incontra e fa di tutto per fargli assegnare un compito che gli permetta di sopravvivere in condizioni dignitose, seppur a tempo limitato. Viene così destinato ai crematori e ad altri compiti aberranti ma la sua coscienza gli impone di non collaborare all’abominio. Quando tutto sembra volgere al fine, intravede nell’ufficiale Hillgruber, uomo dalla grande cultura ma dubbia coscienza, colui che può permettergli di sopravvivere, rendendosi utile facendo quello che sa fare meglio: gestire libri. Gli viene quindi affidata la predisposizione e gestione della prima biblioteca del lager. Il suo sogno è di instillare nelle menti dei soldati cresciuti a propaganda nazista, una capacità critica e di discernimento, consigliando i libri che potranno aprire uno spiraglio nelle loro menti chiuse. I suoi compiti non si fermeranno qui, ma dovrà aiutare il suo benefattore a redigere le sue memorie e fare il precettore al figlio.

Buona storia, seppur nella stesura si capisca perfettamente che si tratta di un romanzo e non di una testimonianza, come tanti altri che ho letto. Ispirato ad una storia vera e riadattato con licenze geografiche, oltre agli abomini conosciuti, si possono trarre nuove informazioni sulle varie iniziative prese nei lager.

Ho amato la passione di quest’uomo nel voler suscitare una reazione nei giovani soldati che si approcciavano, forse per la prima volta, ad un testo che non facesse parte della propaganda nazista. Questi ragazzi, cresciuti a patate e odio razziale, apprezzavano la bellezza di un romanzo di avventura che li portava, seppur per qualche ora, lontano dagli orrori che stavano compiendo.

Ho apprezzato gli scambi culturali avvenuti fra il professore e l’ufficiale, i suoi tentativi di spiegare le bugie raccontate sugli ebrei con tanto di prove, ma l’obnubilazione seguita ad anni di martellamenti psicologici non gli davano mai, o quasi, la soddisfazione.

Una persona dalla mente eccelsa, dalla capacità di rapportarsi da persone al suo pari a fanciulli, come il figlio di Hillgruber.

Consiglio!

Opera di fantasia ma così ben descritta che la pelle d’oca e l’orrore ci accompagnano per tutta la lettura.

Di fantasia sono i personaggi, la storia, come ben sappiamo, è realmente accaduta e, come dico sempre, conoscere la Storia ci aiuta a non ripetere gli errori e gli orrori.

Il libro parla di un professore ebreo, Isaia Maylaender, internato assieme ai suoi genitori nel campo di concentramento di Aschwitz-Birkenau.

“Un caso. Puoi finirci a soffrire e morire solo perché sei nato o sei finito dalla parte sbagliata dell’universo.”

Vivremo, grazie alle parole di Isaia, la strategia di annientamento dei tedeschi ai danni degli ebrei che inizia semplicemente con il famoso viaggio in treno, destinazione: la morte.

Vivremo ogni supplizio, stento, sangue, morte, omicidio… L’inferno reale sulla terra, attuato da altri esseri umani.

Non ci sono sentimenti di pietà, né di comprensione, riconoscenza, ma solo dolore, lacrime, orrore, paura.

“Si soffre per obbligo, e si muore per capriccio.”

Si sfiora il confine tra essere testimone delle atrocità o esserne autore per la sopravvivenza.

Qui si sopravvive e non si vive, e in questo libro la differenza tra i due concetti diventa più marcato.

Tra tutto questo dolore, approfondiremo, tra le pagine di libri storici, miti greci, nozioni base di letteratura, scopriremo le prime edizioni di libri… e l’installazione di una biblioteca in quel posto tetro.

Un libro che lacera l’anima, che è una testimonianza, seppur senza un reale protagonista, di parte della storia da potere, volere e dover cancellare.

firma Claudia

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