INTERVISTA A… Anna Zarlenga

Buongiorno Anna e benvenuta nel nostro salottino virtuale delle interviste.
Questa sarà un’ intervista a 4 mani poiché la mia collega Enza (Cara Zanet) ha letto tutta la tua bibliografia e ci tenevo partecipasse.

 

Domande di Le Chat:

Mi ha fatto molto piacere conoscerti al Fri e ho percepito subito la grande energia che emani, quella della tua terra.
Cos’è Napoli per te?

Napoli è la mia città, quella in cui sono nata, e che ho sotto pelle come se fosse un tatuaggio. Napoli non si può dimenticare, nel bene e nel male.

 

La tua bellissima città fa spesso da sfondo ai tuoi romanzi, molti autori preferiscono scegliere ambientazioni estere per rendere il tutto più internazionale, cosa ne pensi di questa scelta?

 

Le scelte autoriali sono personali e non sindacabili. Apprezzo chi riesce anche con un notevole lavoro di ricerca ad ambientare le sue storie in luoghi lontani e va benissimo così. Il mio obiettivo è diverso, ovvero è quello di rendere internazionale Napoli e l’Italia in generale. Mi hanno chiesto una volta cosa dovremmo imitare dalle americane. Ho risposto che il mio obiettivo (parecchio audace lo ammetto) è fare in modo che le americane imitino le italiane.

 

Sei un’autrice ma anche una lettrice, cosa ne pensi dei tropes? limitano la creatività degli autori? possono essere dei validi spunti per i lettori per scegliere in modo più mirato? Ne ami/odi qualcuno in particolare?

 

Non odio i tropes, ma non baso la mia lettura o scrittura solo su quelli. Diciamo che non apprezzo una proliferazione eccessiva quando si presenta un romanzo. Due o tre ci stanno anche per inquadrare il genere, ma elencarli tutti, a mio parere, spoilera tutto il libro. Sono ancora una di quelle lettrici un po’ antiquate che amano farsi sorprendere. Tecnicamente, i tropes sono come le funzioni di Propp. Servono a creare una combinazione di elementi che, legati insieme, creano una storia accattivante. Perché le funzioni-tropes sono archetipi che in un certo senso attivano dei meccanismi di benessere nella nostra mente. E io sono sostenitrice del benessere, soprattutto quando si legge. Da autrice non i sento limitata, anzi a volte mi diverto a rovesciare i trope e a trasformarli in qualcosa di inaspettato.

 

La situazione in cui si è trovato il tuo protagonista Marcello è comune nel mondo dello spettacolo: accantonare il proprio talento a favore di quello che il pubblico richiede; quanto spesso credi succeda anche in ambito editoriale? Nel tuo caso specifico, ora che hai raggiunto una buona fetta di pubblico, vorresti provare a cambiare genere? hai altri sogni nel cassetto?

 

Non mi sono mai sentita limitata nella mia creatività. Pur scrivendo storie non troppo complicate nella trama, ho sempre gestito la scrittura in modo estremamente personale. Quello che succede a Marcello può in effetti succedere anche in ambito editoriale, ma  non bisogna generalizzare. è un rischio che corre chiunque faccia un lavoro creativo: uniformarsi o cercare di  uscire dal bozzolo? La mia risposta è chiara: sempre uscire dal bozzolo. Senza dubbi. Cambiare genere? Non lo so. Per il momento non ne sento l’esigenza. Ma se la sentissi, seguirei il cuore.

 


E ora le domande di Cara Zanet

Come gestisci le recensioni negative sul tuo libro?

Non le gestisco, nel senso che cerco di non darci peso. Le recensioni sono opinioni e le opinioni sono multiformi. Se non scadono negli insulti personali (mi è capitato) non mi disturbano. Semplicemente passo oltre. 

 

Come costruisci i tuoi personaggi e la tua trama?

In genere parto dai personaggi. Dal loro lavoro, dai loro sogni, dai loro obiettivi e dalla bestia nera che devono affrontare. Su questa ossatura poi costruisco la storia


Tra la tua trama e i tuoi personaggi, cosa è essenziale per te? Perché? L’ultimo libro ad esempio com’è “nato”?

Il mio ultimo libro è nato dal personaggio. Marcello, irriverente ed esagerato. Il primo capitolo ce lo avevo in testa e non avevo la più pallida idea di come continuare. Poi, ovviamente, ho trovato una soluzione. Ho dovuto, per questo, pensare un po’ di più a Diana, inquadrarla meglio, conoscere il suo mondo, per trovare una linea narrativa che mi soddisfacesse.


Scrivi in base a degli obiettivi o ogni volta che sei ispirata?

In genere i primi capitoli lo scrivo a braccio, poi comincio a prendere appunti per capire come far evolvere la storia. In genere mi do una scadenza di massima, perché per me è importante fissare un tempo altrimenti sono la regina della procrastinazione.

 

Anna ti ringraziamo per essere stata un po’ con noi e in bocca al lupo per il tuo ultimo romanzo. 

 

Anna

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