Ciao Meg benvenuta nel nostro salottino virtuale delle interviste.
Grazie mille per avermi invitata, Anna! E’ un vero piacere essere qui
Il primo tuo libro letto è stato Lacrime d’elicriso e mi hai conquistata per il modo in cui riesci a smuovere inquietudine nel mio cuore. Anche i romanzi della serie La promessa (ha un nome la serie?) hanno avuto questo effetto, da dove nasce la tua anima dark che crea tutto ciò?
Be’, intanto grazie. Lacrime di elicriso non è un romanzo semplice e riuscire a entrare in empatia (parola scelta ad hoc per l’occasione) con i suoi personaggi non sempre riesce. La serie de La Promessa – che ho ribattezzato solo recentemente come Saga dei Clayton – vira in maniera differente su questa mia scia dark, in particolar modo il secondo volume Serenade. Se devo fare un recap della mia tendenza al dark sicuramente dalle letture che ho intrapreso – il mio romanzo preferito, lo dico sempre, è Dracula di Bram Stoker, e al secondo posto troviamo Cime Tempestose di Emily Bronte, quindi famose du conti ; credo di non riuscire a scrivere distaccandomi eccessivamente da ciò che sono i dubbi e i tormenti dell’animo umano, e necessito sempre di trasportarli nella narrazione. Solo cosi tocco con mano i miei personaggi e comprendo le loro storie, le loro scelte e anche i loro errori.
Quella velata malinconia deve esserci sempre nelle mie storie.
La promessa, Serenade e ora Un matrimonio. quale delle tue coppie hai sentito più tua e perché?
Ah, è come chiedere a una mamma di scegliere fra i suoi figli! Secondo me posso ritrovarmi in ognuna di esse in base al periodo nel quale li ho narrati. Mi spiego meglio: la prima coppia in assoluto che è nata in questo trittico è quella di Anna e Alexander, di loro ho iniziato a scrivere all’età di 14 anni, solo che poi non ero molto addentro alla realtà regency e quindi li ho messi da parte; quando li ho ripresi, dopo aver consolidato le mie conoscenze storiche, in particolar modo, sono riuscita a plasmarli meglio e a renderli con delle sfumature che in quel periodo mi rappresentavano molto; Olivia e Thomas – protagonisti di Un Matrimonio – li avevamo parzialmente incontrati ne La Promessa, e li ho idealizzati come quella coppia perfetta, tipica di tutti romanzi regency, che si innamora sin dalla tenera età. Sono per me la vera purezza dell’Amore, quello che io ho imparato a conoscere anche grazie a mio marito.
E poi ci sono Sophia ed Edgar: di loro mi piace tutto e sono nati in un momento cruciale della mia vita, e nei quali ho trasposto maggiormente quelle luci e quelle ombre delle quali parlavo prima. Forse li ho maggiormente centrati, facendoli percepire a 360 gradi. Be’, forse poco poco posso dirlo che sono i miei preferiti, ma in generale li ho amati tutti.
– Scrivi romanzi ambientati prevalentemente nel 1800, come mai questa scelta? Cosa ti affascina di quel periodo?
Le evoluzioni storiche, e quel tratto di malinconia ma perseveranza nel vivere che si innesca proprio nell’Ottocento – soprattutto nella seconda parte e nel tardo periodo. Ammetto che comunque è la mia epoca preferita, insieme al Medio Evo – che ho inserito nei primi due romanzi che ho pubblicato. Spazio molto fra di esse, perché secondo me si avverte maggiormente l’intimità dell’animo umano, ricadiamo sempre in quel mood.
– Ti ci vedi a creare un romanzo dello stesso mood ma in epoca contemporanea? Quali sarebbero le difficoltà che pensi di poter incontrare?
In realtà sto lavorando a due contemporanei, e il mood è decisamente dark e introspettivo. La difficoltà, se così possiamo intenderla, è quella di non immaginarli in calzoni o gonne ampie e forse calcolare delle tempistiche molto più celeri di quelle del passato. Per il resto non sto incontrando difficoltà, neanche nel trasporre la storia utilizzando la prima persona (mai usata nei romanzi storici, perché non la sento adeguata alla narrazione).
– Quanta vita hai dato all’ editoria e in quali vesti?
Parecchia. Direi che sono quasi vent’anni – più o meno – che mi dedico assiduamente all’editoria. Contando che ho iniziato a scrivere appena iniziate le superiori, poi mi sono lanciata all’Università dedicandomi all’ambito biblioteconomico e al restauro della carta, per poi iniziare a lavorare in una libreria antiquaria e ricoprendo un ruolo di organizzatrice di eventi editoriali presso la biblioteca della mia città. Ho anche avuto esperienza come blogger, che promuoveva piccole realtà e autori self, e questo mi ha portata a conoscere meglio le sfumature dell’attuale editoria. Poi è riemersa – se così possiamo dire – la scrittura; o, meglio, non mi ha mai abbandonata (ho cassetti pieni di quaderni con storie su storie) ed è arrivata l’occasione di pubblicare con Words Edizioni. E’ stato un grande sogno per me, perché ci speravo da anni. Successivamente, ho conseguito un master in Editoria, e sono entrata a far parte proprio dello staff della mia stessa casa editrice con differenti mansioni – marketing, stampa, web master… non ve le elenco tutte – e mi piace. Mi piace moltissimo. E spero che sia un continuo evolversi.
– Quando hai pensato di poter mettere su carta le tue storie con la convinzione di volerle fare finalmente pubblicare?
Quando mi sono sentita dire che delle semplici frasi che buttavo giù sui social avevano del potenziale. Beyond The Veil è stato il test per capire se in effetti sarebbe andata bene. E quel romanzo, a distanza di quasi 5 anni, è sempre ben accolto, acquistato e cercato dai lettori. Poi, ho sempre e comunque le remore di lasciare andare le mie storie, subito dopo averle consegnate, perché soffro di crisi d’abbandono. Mi mancano i miei pg.
– Quello che scrivi è un romance storico, ma non troppo smielato, tu cosa preferisci leggere invece?
Roba non troppo smielata vario molto, nel corso degli anni sono passata dalla narrativa, al romance puro, allo storico, anche alla saggistica e ai fumetti. Devono però avere una caratteristica comune: un ritmo che non si smorza, una scrittura accattivante, e soprattutto senso compiuto nel messaggio che vogliono lanciare.
Una storia scritta tanto per è un danno enorme per le vite che si narrano, per l’autore che vuole narrarle e per la Cultura in generale. Bisogna sempre scrivere perché si vuole lasciare un messaggio. Non per le posizioni in classifica, non per il numero di vendite, non perché lo fa qualcun altro e vuoi farlo meglio.
– Il mondo romance è prevalentemente “rosa”; c’è più solidarietà o competizione fra colleghe?
Eh, secondo me è questione di correttezza intellettuale. Da parte mia non vi è alcuna competizione, anche perchè avendo avuto esperienza come blogger molte autrici che adesso chiamo colleghe ho avuto modo di conoscerle e apprezzarle parecchio. Ma senza avere il pensiero “Ah, devo far meglio perché…” No. Perchè ognuno deve mantenere una sua integrità narrativa, un suo stile, un suo mood. Vedo, invece, che si sta insidiando una sorta di “similarità” che svuota la bellezza di una narrazione e la varietà di scelta. E, soprattutto, bisogna che si rimanga fedeli al proprio stile narrativo. Se non si riesce – ad esempio – a narrare di un omicidio, di una notte di passione sfrenata, di un intrigo, allora non forzatevi. Scrivete ciò che sentite.
– A cosa pensi di lavorare ora ? Hai già una storia che preme per uscire dalle dita?
Una storia è in fase di revisione, ma non posso dire molto su questo progetto. Poi ci sono due romanzi, entrambi contemporanei, che mi stanno dando soddisfazioni in stesura. Poi in realtà, come dicevo su, ho talmente tanti pg chiusi nei cassetti che, davvero, non so chi presentarvi prima. Sicuramente ci sarà sempre la mia firma, quella che si ama e si odia, e che ormai mi identifica. Non potrò mai dimenticare, durante una fiera, che una lettrice è arrivata in stand e mi ha puntato il dito dicendomi: “Tu! Tu mi hai fatto soffrire un botto! Però… ora dammi tutti gli altri romanzi che hai scritto, perchè non posso farne a meno.“
Non ho capito se era sadismo o, in effetti, un complimento
Grazie per essere stata con noi.
Grazie a voi per questa chiacchierata!
Lascia un commento