Inizierò con qualche domanda su “Solo pelle contro pelle”, uscito il 14 giugno.
- Come hai scelto i nomi dei protagonisti? So che prima di farci conoscere Takeo e Misha, per te e per noi sono stati Campanellino e Brutta Persona.
Penso che rimarranno Campanellino e Brutta Persona anche per me, almeno sotto sotto. I loro nomi sono stati un tasto dolente, ho faticato a trovarne che mi sembrassero azzeccati. Alla fine ho scelto Misha perché deriva sia dalle sue radici russe, sia dalla sua infanzia in orfanotrofio (Misha è usato spesso come diminutivo, quindi mi sono immaginata questo bambino che non veniva mai chiamato con il nome completo e la cosa è rimasta anche una volta cresciuto). Per Takeo ho scelto un nome asiatico, viste le sue origini, e che richiamasse qualcosa del suo carattere (Takeo può avere il significato di “uomo forte”, come associazione al bambù).
- Perché hai scelto, sia stavolta che in tanti altri tuoi libri, di trattare il bdsm?
Perché mi sta molto a cuore e lo apprezzo assai. Lo trovo un argomento capace di essere molto sensuale, ma anche carico di emozioni. In particolare amo il rapporto di fiducia che si viene a creare tra le parti in causa, la difficoltà nell’aprirsi o nell’abbattere le proprie difese, e l’intensità dei sentimenti e di certe scene.
- Per collegarmi alla domanda precedente, inserire il bdsm, tema già “particolare”, in un contesto come quello del crimine ti è venuto semplice?
In realtà non mi ha dato problemi, per fortuna, forse perché il contesto non è venuto in un secondo momento, ma BDSM e criminalità erano proprio le basi da cui sono partita per sviluppare la trama.
- Al di là del bdsm spesso nei tuoi libri vi è un power gap, come mai questa scelta?
Per masochismo, immagino. Amo gli omegaverse e amo le distopie, e spesso e volentieri mi piace soffrire. Ecco quindi che mi vengono in mente storie in contesti piuttosto cupi e tormentati, con contrasti che riguardano a volte la società in cui si muovono i protagonisti, ma spesso sono anche interni alla stessa coppia. Mi piace molto, poi, mostrare come una situazione di partenza disfunzionale o drammatica si evolva in qualcosa di sano e paritario, o ci si affranchi dalle catene della società in cui si è cresciuti.
- Nei tuoi libri un altro elemento ricorrente (un certo Lucifer insegna) sono i coltelli e l’uso di questi come arma al posto di pistole o pugni, come mai questa scelta?
Ammetto che non ci avevo fatto molto caso, ma il coltello può dimostrarsi molto efficiente: utile per uccidere in silenzio, più facile da occultare e non bisogna contare i proiettili. In più, in certe situazioni, il coltello richiama un’idea molto più personale della pistola.
- Hai posto la stessa domanda a noi lettrici qualche giorno fa, ora te la rigiro, in chi ti rivedi tra Takeo e Misha e, di conseguenza, hai preferito più scrivere del primo o del secondo?
Non mi rivedo in nessuno dei due. Sono troppo pigra e introversa per essere Misha, e non sono abbastanza intelligente, criminale e determinata per essere Takeo. Non sarei sopravvissuta mezz’ora nel loro ambiente, mi sa.
Però mi è piaciuto scrivere di entrambi (e mi sono disperata con entrambi) a momenti alterni. E forse un po’ del melodramma di Misha ce l’ho anch’io. Anche se ho meno manie omicide.
E ora, qualche domanda generica.
- Domanda che faccio frequentemente ma che mi piace sempre riproporre, hai usato dei presta volto per Takeo e Misha (per qualcuno dei tuoi personaggi passati so che l’hai fatto)
Takeo e Misha mi sono stati ispirati da un paio di fanart relative a due personaggi di Geshin Impact, un videogame di stile molto “cartoonoso”. Non ho prestavolto in carne e ossa che li rappresentino, ma sono sempre curiosa di sapere a quali prestavolto potrebbe associarli chi legge.
- Preferisci scrivere serie o autoconclusivi? Sulla lunghezza già so la risposta
(Prego immaginare mia risata molto triste riguardo alla lunghezza) Non ho preferenze. Le serie mi fanno imprecare di più, ovviamente, e gli autoconclusivi, che poi diventano serie, mi fanno imprecare il triplo. Ma penso che per ogni storia e personaggio ci sia la giusta lunghezza.
- So già che non ami i libri “semplicemente contemporanei” (raramente, almeno) ma tra un libro come questo o come “Sotto le cicatrici” e i tuoi omegaverse, cosa preferisci scrivere?
Vado a momenti. A volte ho bisogno di un libro più impegnativo per quel che riguarda la sofferenza, altre di qualcosa di più coccolo. Altre ancora di libri ambientati in altri mondi. Spesso sento il bisogno di alternarli, sia nella scrittura che nella lettura.
- Omegaverse medievale, post apocalittico, cosa ci puoi dire, come vanno le stesure?
Purtroppo al momento ho dovuto rallentare causa vita non scrittoria super impegnata e molesta, ma posso dire che l’omegaverse medievale è scritto a metà; ovvero, ho finito la stesura del primo libro e devo scrivere il secondo e ultimo, cosa a cui vorrei dedicarmi finita l’estate. Invece il post-apocalittico è diventato una tetralogia, di cui ho il primo libro pronto per la correzione di bozze, il secondo da riscrivere per metà e gli altri due da scrivere ex novo. Si tratta del mio progetto più ambizioso e articolato e spero di riuscire a dedicargli la giusta cura e attenzione.
- Hai in mente di scrivere altri “progetti coccoli”?
Assolutamente sì! In effetti, ne ho due già plottati che aspettano solo di essere scritti: uno che sarà un second chances e uno che avrà come protagonisti due personaggi secondari di “Segreti di chat”.
Grazie per l’intervista e per le belle domande!
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