Recensione ARC “Saltblood” di Francesca de Tores

La mia copia è un ARC scaricato dal sito NetGalley, grazie a Ne/oN libri.

 

 

Plymouth, 1685. Un bambino di circa un anno, Mark Read, muore proprio mentre sta venendo alla luce la sua sorellastra Mary. Per continuare a percepire un reddito da parte della famiglia del padre del bambino, la madre dei due escogita uno stratagemma: farà passare la neonata Mary per Mark, allevandola come un maschio e facendole prendere il posto del primogenito. Cresciuta all’ombra del fratellastro morto e portandone il nome, Mary impara presto a mantenere il segreto rappresentato dal proprio corpo.

Adolescente, viene impiegata a servizio di una donna benestante, ma quando nel 1701 l’Inghilterra entra in guerra contro Francia e Spagna, Mary vede in quel conflitto una via di fuga da una sorte che sente già segnata: si arruola quindi nella Royal Navy, che le permette di conoscere il mondo e di assaporare un briciolo di libertà. Dopo anni trascorsi nella marina e nell’esercito, Mary trova l’amore e decide di rivelare il proprio segreto e congedarsi dalle forze armate.

Trasferitasi nelle Fiandre insieme al marito, Mary si accinge a diventare moglie e madre, ma la sua cognizione di sé e della propria vita cozzano contro ciò che la società si aspetta da una donna, e lei si sente soffocare. Sarà l’ineludibile richiamo del mare a sancire il suo destino, e a far sì che – dopo essere stata fanciulla, ragazzo, marinaio, soldato e moglie – Mary diventi chi forse è sempre stata: una pirata, parte della ciurma di Calico Jack Rackham e affiancata dalla temeraria Anne Bonny, di cui è amica e amante. Ispirato alla vera storia di Mary Read e Anne Bonny, Saltblood. Sangue salmastro è insieme una rigorosa ricostruzione storica e un romanzo d’avventura, una storia d’amore e un Bildungsroman che s’interroga sui limiti del corpo, del genere e di quello che siamo e osiamo immaginare di diventare.

 

Che cos’è un nome? È una definizione o è ciò che ci fa comodo al momento giusto?

Che sia Mark o Mary, alla fine, poco importa. Importa, invece, come quell’essere né l’uno né l’altro e sia l’uno che l’altro abbia definito il personaggio, il carattere, la storia, l’avventura. Alla fine si è trattato di scegliere, ma chi ha scelto? Mary, Ma’ o il mare?

Questa storia mi ha sconvolta, presa e rapita, mi ha trascinata in mare e non solo… Io che il mare non lo amo poi così tanto!

La scrittura è cruda, rude, reale, rispecchia a pieno ciò che sente la protagonista e ce lo fa percepire in toto. Sicuramente non è un libro da prendere sottogamba o leggere con nonchalance: questo romanzo sembra il diario di Mary Read, colei che è stata un lui per volere della madre e poi per volere suo, colei che ha deciso di intraprendere una vita adatta a uomini di battaglia.

La protagonista è un personaggio spettacolare, dura, cruda quanto può esserlo la vita in costante guerra contro qualcuno e qualcosa. Le sue scelte, la sua mancata definizione, la sua vita, tutto è percepito come un fiume, che impetuoso scorre e poi scende nel calmo oceano, che sia esso assassino o concetto di estrema calma, ma comunque sempre in movimento. Quell’acqua che è l’unico posto che Mary sente casa. Cresciuta da una madre senza cuore, anche per salvare la pelle di entrambe, Mary è una donna d’altri tempi, una che non ha mai avuto nulla, neanche un nome suo, ma che ha combattuto per se stessa fino alla fine.

Non ci viene nascosto nulla, almeno non a noi lettori, nel bene e nel male – o forse sarebbe meglio dire nel male, ma anche nel bene – la storia che scorre sotto ai nostri occhi ci racconta una verità che ai nostri giorni sembra così lontana ma che in realtà non lo è neanche troppo: una guerra contro una nazione, prima, e contro un’altra, poi; un continuo spargimento di sangue che rischia essere di chiunque, se non è più scaltri. Un incontro dietro l’altro con personaggi presi dalla Storia del ‘700, fantastici e realistici insieme, ognuno dei quali ha insegnato qualcosa alla protagonista ma anche a noi.

Questo è un romanzo di crescita, di presa coscienza di sé, di insegnamenti dati e imparati, di dualità sia tra l’essere donna e/o uomo, sia dall’essere prima da una parte e poi dall’altra. Tutto con una sola costante: il mare.

 

Devo dire che ci ho messo davvero molto a leggere “Saltblood”, perché non è il classico romanzo che leggo di solito. Proprio per la sua crudezza mi ha rallentato la lettura, ma non per questo mi è piaciuto di meno. È un libro intenso, che ti fa cercare la libertà, che ti tiene tra le onde, sempre in bilico, che ogni tanto ti dà modo di scendere a terra di capire che si può camminare anche in maniera diversa, ma ti fa rendere conto che non è la terra che agogniamo.

Vorrei fare una menzione d’onore per il corvo, un altro personaggio per me molto importante che, nel suo silenzio, ha parlato più di altri!

 

 

samanta

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