Recensione “Aurelia e l’Aquila romana” di Esmail Mostatira

 

Milano, giorni nostri. In un mondo in cui la Germania ha vinto la Seconda guerra mondiale e riscritto la storia, la vita di Aurelia Marisol Cordova, rampolla di una tra le famiglie più influenti dell’Asse, sta per cambiare. Partita per l’università di Nova Città Studi per diventare una campionessa di tiro al volo, la giovane si ritrova alle prese con una realtà tumultuosa: una serie di attentati a nome della Resistenza promette aria di guerra e la cattiveria indiscriminata di alcuni propri compagni verso gli studenti extra-assiali e ariani rende fragili gli ideali di superiorità donati dall’educazione del Duce. È inevitabile chiedersi, in un sistema che sembra premiare la scelleratezza, dove sia la giustizia e cosa è possibile fare perché trionfi.

 

Non è stata una lettura a cuore leggero, un romanzo ucronico ambientato nella mia città, nel nostro polo universitario, come sarebbe potuto essere se gli esiti della seconda guerra mondiale fossero stati diversi.

Avevo già visto realizzata questa idea nella serie TV “The man in the High Castle”, la guerra vinta dallo schieramento nazista, il mondo sottomesso alle leggi razziali, una società dominata dallo spirito fascista, tenuta a bada militarmente, esaltata dagli ideali ariani che si abbattono sulle minoranze, soggiogandole.
In questo scenario troviamo due studenti universitari Aurelia e Gunther, figli di esponenti di alto livello nella gerarchia del Reich, alle prese con i loro studi, i rapporti interpersonali con persone di varia estrazione, extra-assiali inclusi, e messi di fronte brutalmente alla realtà del delirio di un gruppo di estremisti, mentre la Resistenza compie attentati per mettere in difficoltà il regime.
Sebbene siano stati cresciuti sotto idee fasciste, i protagonisti si rendono conto che gli avvenimenti non collimano con il loro ideale di giustizia, mettendo anche in dubbio quanto loro inculcato dalla nascita.
Sono ambiziosi, determinati, dei leader, ma forza e carisma non compromettono la loro umanità, al contrario di altri elementi gretti e meschini che non fanno altro che abusare del loro potere per umiliare il prossimo.

Non c’è arte o musica in questa realtà che non siano riconducibili al classicismo o ai canti politici; la rigidità di pensiero, i termini utilizzati, i nomi usati per personaggi e luoghi, mi hanno fatto cadere in uno stato di angoscia al pensiero di cosa sarebbe potuto essere.

Ho avuto la percezione di muovermi in una realtà grigia e opprimente e a dir poco inquietante ma la lettura è stata molto interessante e istruttiva, il finale lascia aperta la porta ad eventuali seguiti.

 

 

firma Anna

firma Claudia

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