Recensione “Cattive compagnie” di Meagan Brady

 

Non tutte le cattive compagnie… Portano sulla cattiva strada. Jameson Filano fa parte della ristretta cerchia di ragazze privilegiate della Orange County con conti in banca da capogiro e famiglie importanti alle spalle. Non si sognerebbe mai di mettere in discussione il mondo in cui è cresciuta. Una vita senza coinvolgimenti emotivi, un futuro programmato è esattamente ciò che desidera. Così, Jameson lascia che sia sua madre a occuparsi di combinarle un matrimonio nell’alta società. Anche se frequentare party a ripetizione e passare il tempo tra shopping sfrenato e cure di bellezza non la appaga affatto, anche se la sua vita è pura noia, tutto è pianificato. Non resta che frequentare l’ultimo anno di scuola, in attesa di compiere i fatidici diciotto anni che la catapulteranno nella nuova fase della sua vita. Peccato ci sia qualcuno che continui a distrarla, a catturare non solo la sua attenzione, ma addirittura lei in carne e ossa. Spuntano alle feste senza invito, nei locali di grido senza un abbigliamento adeguato, nei negozi glamour senza poterselo permettere. Sono i ragazzi del blackout. Tre pazzi, tre teppisti che si infilano di soppiatto nei luoghi più elitari e portano scompiglio in un mondo fatto di apparenze e bon ton. Loro arrivano, va via la luce e… succede qualcosa. Se non fossero bellissimi, dai fisici scolpiti e gli sguardi penetranti, se non fossero maledettamente sexy e arroganti forse si riuscirebbe a resistergli. Ma si sa, alle ragazze ricche i cattivi ragazzi in segreto sono sempre piaciuti, anche se in apparenza li si disdegna come spazzatura. Non Jameson. Dopo la prima volta che i tre la rapiscono da una festa, lei non finge che Ransom, Arsen e Beretta non esistano, anzi comincia a frequentarli apertamente, a parlarci nei corridoi della scuola. Comincia a pensare che potrebbero trasformarsi in veri amici. Uno di loro, anche nell’amore della sua vita.

 

Contorto. Questo è l’aggettivo che descrive al meglio questo libro. È una lettura che mi ha letteralmente diviso in due. Da una parte la voglia di abbandonarla mi ha colto in più di un’occasione perché fino al 60%, più o meno, si è rivelata ripetitiva e lenta. Dall’altra la storia è davvero intrigante e ti esorta ad andare avanti e vedere come si evolve la trama, anche perché, come dicevo, è dopo il 60% che si trova il bandolo della matassa. Ma, ahimè, dura poco, perché intorno all’85% l’encefalogramma ritorna piatto.

C’è da riconoscere che è una storia molto introspettiva, con parecchie elaborazioni mentali e dialoghi ridotti al minimo, che cattura sì, l’attenzione, ma che di contro la rende più pesante. Devo fare i complimenti all’autrice perché è una storia intricata, quindi ben studiata, con alcuni colpi di scena inaspettati. In vari punti c’è, però, quella che a me sembra incoerenza, ovvero quando, per fare un esempio, per colpa di Amy, scoppia una rissa a mensa, con tanto di intervento da parte di un addetto alla sicurezza, ma il giorno dopo non viene preso alcun provvedimento per nessuno dei coinvolti. Un’altra pecca è che la narrazione avviene dal solo pov di Jameson: mi sarebbe piaciuto molto “sentire” il parere di Ramsom che abbiamo solo nelle battute finali, quando ormai gli eventi sono già delineati.

 

“In ogni sua espressione ho visto uno scampolo di vita, un miraggio a cui si aggrappava con tutte le proprie forze per assicurarsi che nessuno potesse intuire cosa ci fosse dall’altra parte, eppure io l’ho visto.

L’ho visto perché rispecchiava il mio.

Un disperato bisogno di respirare.

Di urlare, di essere egoista e incosciente, e di farlo con il dito medio alzato.

Di fare tutto ciò che voleva oppure anche niente, e sarebbe andato bene così.

Quella ragazza era stanca, annoiata.

Sfacciata.

Però si tratteneva, perché il mondo che la circondava non era pronto per quello che lei aveva da offrire e aveva represso la vita così a lungo che lei stessa non ne aveva idea.

Io invece sì.

Sapevo di cosa era capace e la volevo.

Avevo bisogno di conoscerla, di essere sue e cazzo, lei doveva essere mia.”

 

Le scene di sesso sono molto calde e molto piccanti e si sviluppano tutte verso la fine, creando un crescendo di buona elettricità e di frizzante aspettativa.

Un plauso va fatto all’editing e alla persona che si è occupata della traduzione: nella scrittura ho notato una proprietà di linguaggio davvero notevole, come non mi capitava da un po’, senza errori di ortografia che ne facilitano la lettura, evitando antipatiche battute d’arresto. Quindi, tirando le somme, la trama merita, con meno capitoli, avrebbe reso allo stesso modo, forse anche di più e il pov di Ramsom l’avrebbe arricchita.

Alla prossima!

 

 

BARBARA M

firma Claudia

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