Recensione di “Insieme siamo perfetti” di Penelope Douglas

 

 

 

 

 

 

In quinta elementare a ciascuno di noi venne assegnato un amico di penna tra i ragazzini di un’altra scuola. Mi chiamo Misha, e pensando che fossi una femmina, l’altro insegnante mi mise in coppia con una sua allieva, Ryen; la mia maestra, credendo che Ryen fosse un maschio come me, non obiettò. Dal primo momento in cui io e Ryen abbiamo iniziato a scriverci, abbiamo litigato su tutto. E le cose non sono cambiate in questi sette anni. Le sue lettere sono sempre scritte in inchiostro argento su carta nera. A volte ne arriva una alla settimana, altre volte tre nello stesso giorno, ma sento che ormai sono diventate una necessità per me. Lei è l’unica che mi aiuta a tenere la rotta, l’unica che mi accetta per come sono. Abbiamo solo tre regole fra di noi. Niente social media, niente numeri di telefono, niente foto. Fino a quando, in rete, sono incappato nella foto di una ragazza di nome Ryen, che ama la pizza di Gallo, e adora il suo iPhone. Quante possibilità c’erano che fosse lei? Accidenti! Dovevo incontrarla. Certo non potevo immaginare che avrei detestato ciò che stavo per scoprire.

Misha e Ryen: due nomi inusuali grazie ai quali due ragazzini di due scuole differenti vengono messi in coppia per un progetto di corrispondenza. Quello che era partito come un gioco diventa per i protagonisti qualcosa di serio e importante, che li accompagnerà per tutta la vita. Il loro vissuto simile di abbandono da parte di un genitore li fa avvicinare e forse l’anonimato e la distanza li aiuta ad essere se stessi, senza la maschera che entrambi indossano in società. E’ così che i due crescono divenendo non solo confidenti ma anche migliori amici. Devo dire che questa parte che viene rivissuta da entrambi i ragazzi, essendo il romanzo strutturato su un POV alternato, è quella che forse mi è entrata più in profondità. Trovo impagabile il fascino dell’amico di penna, un fascino antico nell’era veloce dei cellulari e dei social, che in un certo senso rallenta il pensiero, che costringe a riflettere prima di scrivere, volendo a rileggere e correggere per migliorare, finanche a desiderare che la risposta arrivi dovendo sviluppare l’arte della pazienza. Unico e bellissimo.

La nostra storia tuttavia nasce nel momento in cui, per puro caso, i due ragazzi si incontrano. Misha capisce chi è lei, ma Ryen no. Per il nostro protagonista è un momento meraviglioso che sogna e brama da una vita, ma il destino beffardo travolgerà l’esistenza del ragazzo proprio al termine di quella serata e da lì le cose cambiano per entrambi: cessa la corrispondenza, sparisce il loro porto sicuro, e i due animi fragili e soli hanno un cedimento. Quando dopo tre mesi si incontreranno nella vita di tutti i giorni non sarà per niente facile, soprattutto per Misha, riuscire a riconoscere nell’altra la sua migliore amica. E’ bellissima sì, ma fredda, spesso crudele e sicuramente maleducata. L’attrazione è innegabile e impossibile da gestire da parte di entrambi ma l’ideale di donna e amica che Misha aveva nel cuore sembra essere scomparsa e odio e amore lottano nel suo animo fino allo sfinimento. Credo sia un bel romanzo, sicuramente un inno all’amicizia e un’esortazione a gettare le maschere e ad essere sé stessi. A volte la paura di non essere accettati dagli altri, tipica dell’adolescenza, costringe ad omologarsi alla massa, a perdere di vista gli obbiettivi e gli ideali e anche a commettere atti crudeli o comunque lontani dalla propria indole. E’ quello che ha fatto Ryen, riuscendo ad essere se stessa solo con l’amico di penna, mentre nella realtà ha subito passivamente la corrente, divenendo una persona diversa, fingendo continuamente, vivendo così due vite parallele tutto questo fino a che non perde l’amico, il porto sicuro e allora tutto precipita e alla fine la vita la metterà davanti ad una decisione drastica: essere sé stessi pagando il pedaggio e rischiando tutto, oppure continuare a indossare una maschera per sempre? Insomma da leggere, per forza.

 

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