Recensione “È Stato Il Vento” di Saman Adhami

 

Entra nella mente di una donna iraniana, guarda attraverso gli occhi di una viaggiatrice italiana.
In una terra lacerata tra tradizione e rivolta, due amiche sono unite nella lotta condivisa per la propria liberazione e quella dell’intero genere femminile.
‘È Stato Il Vento’ penetra nel cuore delle proteste iraniane iniziate nel settembre 2022, echeggianti il potente grido di ‘Donna-Vita-Libertà’.
Un reportage di viaggio in Iran, l’incontro di due amiche che presto diventerà un’avventura emozionante ma pericolosa.
C’è ancora spazio per l’amore nel caos: le protagoniste scopriranno che tale amore è estremamente delicato nonostante risuoni profondamente dentro ciascuna.
Ambientato su uno sfondo di eventi reali, questo romanzo avvincente esplora il viaggio tumultuoso di queste due donne mentre navigano in una società che soffre per cambiare. Le loro storie intrecciate riflettono non solo il costo personale della ribellione, ma anche la resilienza dello spirito umano di fronte all’avversità.
Questo libro è una rappresentazione commovente dell’amicizia interculturale, della resistenza e della determinazione incrollabile nella ricerca della libertà contro i regimi che richiedono silente obbedienza.

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Una dura testimonianza sul regime repressivo iraniano, la fierezza del suo popolo e una storia di amicizia.

Ci sono romanzi che ti sbattono in faccia delle realtà alle quali non si è abituati; purtroppo siamo assuefatti alle brutture trasmesse dai media e il rischio di rimanere indifferenti a tutto ciò che è esterno alla nostra bolla è incombente.
Alice e Setareh sono due giovani donne impegnate nello stesso progetto di ricerca, migliaia di chilometri a dividerle ma la tecnologia le renderà vicine e presto si ritroveranno a considerarsi amiche.

 

“Eravamo un team di ricerca. Un team internazionale di due donne impavide”

Alice, PhD di Scienze sociali e psicologiche, parte alla volta dell’Iran ospite di Setareh, il suo ragazzo, Michele, l’accompagnerà verso questa avventura ma la sua personalità esuberante sarà più motivo di imbarazzo che di conforto.
Setareh si dimostrerà all’altezza dell’ospitalità persiana e mostrerà ai suoi nuovi amici le bellezze di Teheran, mettendoli in contatto anche con i suoi cugini eclettici; già, perché se Setareh è una Bache mosbat”

 

“Una che non fa cose che non le vanno solo per rischiare. Una che segue la sua strada”

 

i suoi cugini e i loro amici vivono al limite, trasgredendo come possono.
Alice si troverà in Iran in un momento storico importante, sulle strade si riverseranno manifestanti per contestare il regime e la bolla di apparente serenità scoppierà lasciando tutti in pericolo.

 

“Non è un esperimento sociologico in una sala riunioni o laboratorio, ma la disperata voglia di libertà che cerca di sconfiggere la storia arcigna e crudele”

Ho apprezzato il modo in cui l’autore si è riuscito ad immedesimare così bene in due personaggi femminili, il doppio pov ci regala le considerazioni delle due amiche, il desiderio di Setareh di fare bella figura con i suoi ospiti e la curiosità di Alice di scoprire un popolo fiero ma schiacciato dal regime.
Ci immergeremo nell’aria mefitica di Teheran, assaggeremo le loro prelibatezze, osserveremo le bellezze di un mondo lontano, ascolteremo i discorsi dei giovani delle famiglie più fortunate, scoprendo che sotto tutta la superficialità che esibiscono si nasconde un dolore profondo, l’insoddisfazione per la situazione in cui versa il loro paese e l’avvilente condizione femminile nella società più maschilista della storia.

È stata una lettura istruttiva che mi ha arricchita.

Anna

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