Chi siamo quando nessuno ci osserva? Possiamo davvero sentirci al sicuro? È realmente plausibile, in tali circostanze, riuscire a indossare e sfoggiare la parte più limpida di noi stessi? I protagonisti dei racconti che compongono la presente silloge prendono vita tra le pagine col desiderio di rispondere a queste domande, compiendo azioni apparentemente insignificanti e che invece restituiscono alle storie autenticità e tutta la grazia che può nascondersi dietro le banalità, le paure, le sofferenze e le speranze di cui sono intrinseche le loro esistenze. Una raccolta di outfit dimenticabili, ma di reazioni e gesti indimenticabili perché radicati in profondità in ognuno di noi. Uomini e donne sull’orlo della perdizione, studenti squattrinati, scrittori precari, giocatori d’azzardo, genitori sciagurati e figli egoisti che, con ironia e disincanto, scavano a fondo nella loro interiorità solo per scoprirsi vulnerabili, fallibili e, proprio per questo, umani.
La prima parte non l’ho trovata di mio gradimento, ahimè, per il semplice fatto che predomina la mediocrità di molti uomini, descritta con un’ironia che spesso non ho percepito, non facilitando ovviamente la lettura.
Se sono riuscita a proseguire è grazie alla scrittura che, tutto sommato, mi è piaciuta nella sua forma, e al continuo cambiamento nell’ambientazione.
Tuttavia, ci sono stati dei racconti, letti nella seconda parte, che ho apprezzato di più in quanto sono più introspettivi e profondi.
Una lettura che sicuramente non trasmette leggerezza, è più riflessiva, e ogni tanto ci sta.
Purtroppo non sono riuscita ad apprezzarlo totalmente.
Questione di gusti.
Lascia un commento