Rosa Cipria è un commissario con un nome bizzarro, una sensibilità unica e un hobby… singolare. Dopo la morte dell’ingegner Netti, lei e la sua squadra dovranno avviare le indagini partendo da due indizi: una busta écru con un biglietto e una rosa lavorata a maglia.
Si apre così il caso Tricot; per risolverlo, il commissario dovrà vedersela con il mistero di un libro inedito, il mal d’amore di una scrittrice, la sorellanza di tre amiche, il tricot e un’insolita quanto fatale passione per la lettura.
Barbara Solinas esordisce nel genere giallo-rosa e ci regala un personaggio originale che vi conquisterà. Come la sua penna.
Tutte le volte che mi trovo davanti a un giallo sono diffidente. E’ un genere che adoro, i miei riferimenti sono i nomi che tutti conosciamo, a partire da Agatha Christie fino al mio adorato Andrea Camilleri e il suo commissario Montalbano. Capite, quindi, che i confronti spesso sono impietosi. Stavolta invece sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Anzitutto, finalmente abbiamo un commissario donna. Non una investigatrice casuale ma una vera e propria poliziotta, per di più con un nome improbabile che già me l’ha resa simpatica ancora prima di iniziare a leggere il libro. Fin dalle prime pagine veniamo subito a contatto con le sue fragilità e con le ferite (sia fisiche che, soprattutto, interiori) che si porta dentro, rimarginate ma ancora recenti. La sua personalità viene tratteggiata con piccoli particolari disseminati in modo sapiente, un’espressione del viso, un gesto, una frase, un’abitudine, insomma quel tanto che ci serve per poterla quasi vedere e renderla una figura familiare, senza però svelarla del tutto.
Il caso su cui il commissario si trova a dover indagare, va a toccare quelle corde che in lei sono più sensibili: la vittima, l’ingegner Netti, ha lasciato la moglie per motivi futili, annientandone la personalità, svilendo il suo talento e le sue capacità di scrittrice solo per uno stupido senso di superiorità e di rivalsa. Una violenza psicologica sordida, subdola, che per Rosa Cipria è quasi insostenibile. Gli interrogatori, le ricerche, le informazioni che riesce a raccogliere ci permettono di conoscere anche i personaggi secondari del romanzo che, pur avendo meno spazio (giustamente) sono anch’essi ben delineati nella loro psicologia e, man mano che la narrazione va avanti, acquistano il loro ruolo fondamentale per la vicenda.
Accanto al commissario Cipria c’è Alberto, il suo ex psicanalista, ora compagno di vita oltre che fidato confidente e consulente. Il braccio destro di Rosa in commissariato è Pintus, agente silenzioso ma perspicace e pronto all’azione, che si rivelerà fondamentale per la soluzione del caso.
Uno dei punti di forza del libro è il continuo cambio di scena e di punto di vista, alternato a flashback nel passato di Rosa che ci aiutano a comprendere e conoscere meglio il personaggio. Il ritmo è sempre vivace, direi quasi cinematografico. La trama è ben congegnata, non troppo intricata ma con profondi risvolti psicologici, particolare che ho apprezzato molto e che, a mio avviso, rende un giallo “vero” e lo differenzia dal classico, banale “raccontino”. La scrittura è ricca, anch’essa vivace e scorrevole, condita spesso con un’ironia che mi ha strappato una risata in più punti.
Lo ammetto: da divoratrice di gialli, avevo capito chi fosse l’assassino ben prima di arrivare alla fine! Questo però non ha affatto sminuito il piacere della lettura, anzi: ho trascorso ore piacevolissime in compagnia di questo libro, che si legge in un soffio e lascia il buono in bocca. Spero davvero che Barbara Solinas continui a inventare altri casi da affidare al commissario Rosa Cipria e che “Il caso Tricot” sia il primo di una lunga, fortunata serie.
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