Recensione “Il giardino dei labirinti segreti” di Fiona Valpy

 

 

 

Toscana, 1943. Beatrice è arrivata dalla Scozia carica di entusiasmo, pronta a trascorrere un anno da sogno tra le dolci colline italiane lavorando come insegnante di inglese. Ma l’arrivo della guerra ha mandato all’aria tutti i suoi piani. Bloccata in un Paese devastato, dove la sua nazionalità la rende una nemica, Beatrice viene accolta da Edoardo e Francesca nella Villa delle Colombe. La dimora, circondata da un intricato labirinto di cipressi che la protegge dagli orrori della guerra, offre rifugio a diverse famiglie in cerca di un riparo sicuro. Ma nascondersi diventa ogni giorno più difficile, e la sopravvivenza impone scelte estreme…

Toscana, 2015. Dopo la morte del marito, Tess ha deciso di trascorrere un periodo in un posto che può proteggerla: la villa con il giardino di cipressi. Ora è una vecchia amica di sua nonna a custodirla, Beatrice, che con pazienza e amore prova a risanare le ferite di Tess. Ma ogni speranza di pace viene infranta dall’arrivo di Marco, il proprietario della tenuta, il cui unico interesse è cedere l’abitazione a degli avidi costruttori. Sconvolta, Beatrice si rende conto di dover rivelare il doloroso passato custodito dalle mura della villa.

Riusciranno Beatrice e Tess a salvare i loro ricordi e la casa che tanto amano?

Ho letto abbastanza libri sulla seconda guerra mondiale da saperne quanto uno storico, oserei dire; questo romanzo ha come sfondo il conflitto ma non tratta il tema delle persecuzioni razziali, bensì il processo di adattamento di una famiglia agli eventi catastrofici in corso.

Siamo in Toscana e il racconto verrà narrato alternando due binari temporali : il 2015 e gli anni dal 1935 al 1945; protagoniste due donne Tess e il suo dolore, Beatrice e la sua storia da raccontare.

Inutile decantare la scrittura di Fiona Valphy, è pura e semplice poesia; la descrizione dei paesaggi riesce a catapultarci nel verde toscano e i suoi cipressi, fra i profumi di spezie e lavanda, ha una capacità connaturale alla descrizione paesaggistica e dei personaggi.

Gioca bene le sue carte scrivendo romanzi che riescono a esaltare il suo dono.

Villa delle colombe fa da palcoscenico, Tess è in fuga dal dolore e, dietro suggerimento della nonna, si rifugia da un’amica, organizzando la sua fuga in Italia per ritrovare l’equilibrio.

Conoscerà Beatrice, una vecchia amica della nonna che, con la scusa di volersi fare aiutare, darà a Tess la forza e la capacità di andare avanti dopo il grave lutto.

Insieme ripercorreranno un viaggio tra i ricordi: i racconti di Beatrice saranno il loro appuntamento fisso e scopriremo come la villa è stata teatro di avvenimenti sconvolgenti e speranza per molti bimbi che fuggivano dalla guerra, fra questi il taciturno Alfredo.

E’ una lettera aperta al marito, la descrizione minuziosa degli eventi quotidiani e del suo stato d’animo; Tess continuerà a ricordarlo tra le parole di un diario, a sentirlo vicino quando al tramonto la luce verrà sostituita dalle ombre e i dialoghi tra i consorti sembreranno quasi reali.

Tra realtà, fantasia, subconscio, dolore, passato e storia la narrazione si svolgerà in modo scorrevole, commovente e armonioso.

E’ un inno alla vita, un second-chance che ci incanterà; difficili i temi trattati, adozione, eutanasia, guerra, affidi, persecuzione, morte, ma l’autrice riuscirà egregiamente a regalarci un libro emozionante, nel vero senso della parola.

Anna

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