Il 3 novembre 1944, una bambina di nome Eva fu marchiata come prigioniera ad Auschwitz con il numero A-26959. Svenne tra le braccia di sua madre, ma sopravvisse al dolore del tatuaggio e a innumerevoli altri shock. Non aveva ancora compiuto due anni. Era nata a Novaky, Slovacchia, in un campo di lavoro per ebrei. Al momento della liberazione, il 27 gennaio 1945, sua madre Agnes era incinta della seconda figlia; Eva era malnutrita e soffriva di diverse malattie. «Si dimentichi della bimba, non sopravviverà», dissero i medici ad Agnes. Ma Eva sopravvive e, cresciuta con una madre che, come molti scampati all’inferno, non parla mai delle atrocità subite, cerca risposte che nessuno può darle. Soffre di frequenti malanni, e gli orrori spesso riaffiorano alla sua memoria in forma di incubi. Finché l’incontro con altri sopravvissuti all’Olocausto, tra cui il futuro marito Jakob, le dà l’opportunità di vivere la sua identità ebraica e di ricostruire i pezzi della sua infanzia perduta.
Come può una bimba di due anni riuscire a sopportare l’orrore dei campi di concentramento e riuscire a sopravvivere?
Eva ci racconterà la sua storia, la storia della più giovani mai sopravvissuta a Novaky.
Seppur vissuta in prima persona, la memoria di una bimba di due anni non è così efficace, il suo racconto deriva da frammenti di ricordi e di racconti ereditati dalla zia.
Internata a Novaky, uno dei tre campi di lavori per ebrei, un idillio. Un idillio all’ombra della morte.
Sul suo avambraccio “splende” il numero A-26959, lettere sbiadite e sfumate blu.
Salvata per puro miracolo dalla forza di volontà della madre che riuscì a raggiungere la figlia nel reparto malattie infettive proprio quando nel lager la voce della liberazione creò scompiglio e caos, lei riesce a nascondersi e ritrovarsi “libere” con l’arrivo dei sovietici.
Una storia che scorre lenta per via dei ricordi frammentati, un libro che parla anche del dopo, la ripresa, la presa di coscienza di essere libere e riuscire a discostarsi dalla prigionia.
Una bimba che ha subito le conseguenze di una guerra ai suoi occhi irrazionale e illogica, una bimba che ha subito il silenzio, parole non dette che sapevano di troppo dolore.
Non ci sono parole per descrivere le atrocità, e non ci sono parole per descrivere cosa può aver provato una bimba troppo piccola per una guerra così grande.
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