Recensione “La ragazza dietro al filo spinato” di Imogen Matthews

 

 

 

1944, Olanda. Nella cittadina di Amersfoort, Saskia e il suo fidanzato, Frans, assistono inermi alle deportazioni naziste. Con gli occhi colmi d’orrore osservano uomini e donne strappati alle loro case, condotti verso un destino spaventoso. La guerra, che fino a pochi giorni prima non li aveva toccati direttamente, è più vicina che mai. Dovranno così fare i conti con una nuova quotidianità, in cui il cibo scarseggia e i blitz nel negozio del padre di Saskia, sospettato di avere origini ebraiche, sono continui. Frans è addirittura costretto ad avventurarsi nel campo di concentramento allestito nelle vicinanze, alla ricerca di scarti alimentari per la fattoria di famiglia. È proprio durante una di quelle spedizioni che un prigioniero lo implora di consegnare una lettera ai suoi cari. Frans sa che accettare significa rischiare la vita, ma non può dire di no. E così fa uscire di nascosto la lettera e, con l’aiuto di Saskia, la recapita ai destinatari ottenendone una risposta da consegnare al prigioniero. Ben presto i messaggi si moltiplicano e a ogni lettera Saskia e Frans rischiano sempre di più, ma non possono rinunciare al tentativo di tenere viva la speranza di chi si trova nell’inferno del lager. Quando anche Saskia viene trascinata nel campo con una stella gialla cucita sui vestiti, Frans sente il mondo crollargli addosso, ma sa che il loro amore è più forte di tutto…

Storie come queste ne leggo a decine ogni anno e ogni volta è sempre un colpo al cuore. Il solo pensiero che molte delle quali sono tratte da storie vere il cuore soffre ancora di più.

E’ inutile dire che le storie si ripetono, sono fatti realmente accaduti e qui di fantasia non si parla, sono fatti storici, personaggi realmente esistiti o ispirati a personaggi che hanno fatto e avuto la loro storia.

Siamo in Olanda, gli ultimi anni di guerra 1944, Saskia e Frans assistono alle ultime deportazioni naziste.

Saskia inizierà una fitta corrispondenza nei ghetti e nei campi e questo sembra dare speranza ai prigionieri, fino a  quando anche Saskia indosserà la sua stella gialla ed entrerà nel campo di concentramento.

Sono sempre i soliti orrori, sempre le solite urla, sempre il solito dolore, eppure ancora adesso non mi abituerò mai a leggere di queste atroci torture, ogni pagina ti toglie il respiro ed è inutile sperare in un lieto fine perché in un modo o nell’altro la guerra ha preso già tutto, vincendo su parecchi fronti.

Il brutto dell’umanità? Ci siamo abituati ormai al rumore delle bombe, da considerarlo melodia, ai volti scarni e distrutti dalle lacrime, li consideriamo premo alla fotografia, alle case rase al suolo, ai colori della guerra, grigi e scuri.

Era così bello il verde dei prati e i colori dell’arcobaleno.

La guerra toglie l’umanità e quest’ultima purtroppo non tornerà più indietro.

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