«Non sono un ca**o di principe azzurro su un dannato cavallo bianco. Non sono l’eroe in questa storia, Wendy. Quindi, se non vuoi restare, scappa adesso, perché io non ho più la forza di starti lontano.»
Cos’hanno in comune un quasi ex campione di basket e una ragazzina di diciannove anni del Vermont?
Apparentemente niente, se non fosse che Dylan Malone ha dovuto mettere in stand by la sua carriera professionistica per un ‘incidente’ che gli è quasi costato tutto e ora si ritrova a doversi nascondere in un paesino dimenticato perfino da Dio per allontanare i curiosi e i ficcanaso.
Harper O’Neal non ha idea di cosa ci faccia uno come lui in casa sua, ma soprattutto perché, d’un tratto dovrebbe cedergli il suo seminterrato, col rischio di ritrovarselo costantemente tra i piedi. Il punto è che suo padre Josh ha già deciso e a lei non resta che accettare in religioso silenzio.
Ma se c’è una cosa a cui proprio Harper non sa rinunciare, sono i guai. Da quando ha perso sua madre, infatti, l’unico modo per sentirsi viva è spingersi continuamente al limite, finendo con un mucchio di problemi sempre da risolvere. Dylan, d’altro canto, potrebbe farsi gli affari suoi eppure, ogni volta che Harper avrà bisogno d’aiuto, lui sarà sempre lì ad un passo da lei.
Avvicinarsi per loro sembrerà inevitabile, ma restare insieme è la cosa più sbagliata e pericolosa che potrebbero mai fare. Dylan deciderà di superare quella sottile linea, mettendo in gioco il cuore o seguirà la ragione?
Siamo fatti di limiti, sogni, speranze e, per ognuna di queste cose non smettiamo mai di lottare, finché abbiamo fiato. Ed è proprio questo che la penna emergente di Piper J. Ward vuole ricordarci, facendo il suo esordio in casa Dark-Brightlove (Pubme). Perciò, prendete pure posto dietro gli spalti, signore e signori, perché qui abbiamo una partita da giocare e… da vincere.
Finalmente un libro della Brightlove che mi ha piacevolmente colpito. Niente di nuovo all’orizzonte, nel senso che la trama non è originalissima, ma nei rosa è sovente. Io dico che è il modo di scrivere che fa la differenza e qui c’è davvero un ottimo inizio, visto che è il primo approccio dell’autrice alla scrittura. Mi sono piaciuti molto i dialoghi e alcune battute che i protagonisti si sono scambiati, ho apprezzato il loro modo di esporre le proprie riflessioni, ho trovato la scrittura tanto frizzante, quanto profonda soprattutto per il vissuto di Harper. Il modo in cui l’autrice ha affrontato il rapporto con il padre, quel distacco, il non comprendersi più, il dolore che lacera l’anima, sono emozioni e sensazioni che il lettore percepisce nelle parole. Quindi una caratterizzazione dei personaggi corposa e completa, direi di spessore: dove Harper è istintiva e capricciosa, Dylan è adulto e riflessivo, d’altronde esiste una differenza di età non da poco.
“«Tu sei pazzo. Lasciami subito andare o mi metto ad urlare!»
«Hai ragione. Sono pazzo. E lo sai di chi è la colpa? Tua, Wendy. Solo tua.»
La sua espressione cambia radicalmente ancora una volta. Da incazzata si fa confusa, poi sorpresa. La capisco, probabilmente per me sarebbe lo stesso, così decido che è arrivato il momento di smetterla di giocare e di provare a fare sul serio.”
Un editing finalmente fatto bene, una scrittura fluida e scorrevole che permette una lettura altrettanto sciolta e veloce. Narrato dal pov di entrambi, al presente, è sempre un modo che mi permette di entrare in sintonia con i personaggi e che mi piace molto. Scene calde ben descritte e calibrate, con la giusta dose di passione e dolcezza e perfettamente in linea con la trama. Senza fare spoiler, l’autrice ha mantenuto la coerenza nel finale, anche se io avrei preferito qualcosa di diverso, ma direi che ci può stare!
Quindi, tirando le somme, posso solo dire bello, intrigante e coinvolgente, ho apprezzato davvero tutto di questo libro: la Brightlove ha fatto centro.
Alla prossima!
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