Recensione “L’ultimo treno” di Francesca Bruscella

 

 

 

Anna e Aldo sono sposati da molti anni ma la loro vita matrimoniale è in crisi per l’impossibilità di avere figli. Spinti dal desiderio di allargare la famiglia, decideranno di adottare due fratelli, Andrea e Rachele, accolti in un istituto di Trieste. La coppia avrà l’opportunità di creare un legame profondo con i due bambini che racconteranno il proprio passato doloroso segnato dall’abbandono dei genitori naturali e dalla mancanza d’affetto. Attraverso uno stile narrativo poetico e realistico, al contempo l’autrice ci racconta una storia di libertà e riscatto, al di là di convenzioni e regole sociali limitanti.

Un libro da leggere staccando i pensieri dal mondo esterno.

Un libro che parla di adozioni, di affidi e di vita all’interno di una struttura protetta.

L’infanzia e l’adolescenza segnata da abbandoni, e di riacquisto della vita.

Il romanzo si svolge tra Trieste e Nizza Monferrato, dall’ingresso alla casa famiglia alla loro adozione e attraverso i ricordi dei protagonisti, anzi del protagonista Andrea ricostruiremo l’abbandono e la loro esistenza con i genitori biologici.

Un carattere segnato, taciturno e solitario Andrea crescerà con quel senso di vita a metà, un cuore spezzato, pensieri infranti, ricordi sbiaditi ed una nuova famiglia.

“Amare era come un fiume che cercava la sua foce e che scorreva leggero, inciampando di tanto in tanto su qualche roccia che ne deviava il percorso indirizzando l’acqua verso sentieri misteriosi.”

Era cresciuto schivando l’amore, costruendo intorno al cuore una corazza, rafforzando quel carattere e rendendolo scontroso ed introverso agli occhi dell’estranei.

Attraverso i ricordi e i pensieri di Aldo entreremo in quella struttura, una sorta di famiglia un po’ anomala, conosceremo Pinin e Adelaide.

Un romanzo che ho amato nelle sue mille sfaccettature, nella particolarità del protagonista, nella sua chiusura ai sentimenti, nel suo vivere perennemente nei ricordi senza assaporare il presente.

L’adozione e l’abbandono sono temi difficili e solo chi lo vive in prima persona riesce a coglierne quei sintomi di malessere quotidiani.

Un carattere chiuso e un cuore incapace di provare sentimenti sono conseguenze che segnato il corso della vita, impedendo al protagonista di ridere e gioire anche di un semplice aquilone lasciato al vento a tracciare la sua scia.

Bimbi e fanciulli che vivono situazioni simili hanno la loro vita segnata, i ricordi e il senso di abbandono non li lasceranno facilmente.

Il sentirsi in più, in eccesso a quella famiglia, inutili in altre, non voluti, non desiderati, non amati, e vedersi “vendere” alla migliore famiglia con la paura di essere accettati anche con quel cuore a metà.

ELEONORA

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