Sono passati più di trent’anni da quando Nicola Watson ha lasciato la sua bella casa nel quartiere in cui viveva con i genitori e il fratello maggiore. Aveva solo dieci anni ma era sufficiente il rumore della macchina di suo padre nel vialetto per farle stringere lo stomaco dalla paura. Allora era troppo piccola per capire perché la balbuzie del fratello continuasse a peggiorare… La notte in cui sua madre Carol la portò via, con gli occhi spalancati dal terrore, è ormai un vaghissimo ricordo… Adesso Nicola è un avvocato di successo e si è lasciata alle spalle la sua inquietante infanzia. Fino al giorno in cui, per il funerale della madre, si trova ad affrontare il senso di colpa verso la donna che ha sacrificato tutto per i suoi figli. Una volta riemersi, i ricordi sono difficili da ricacciare indietro e Nicola si convince di avere avuto un ruolo negli eventi che hanno portato suo fratello in prigione per omicidio. Che cosa è accaduto veramente più di trent’anni prima?
Questo romanzo è intenso, profondo e molto più drammatico che thriller.
Si parla di violenza domestica, droghe e famiglie distrutte. Si parte da quello che poi scopriamo essere un aneddoto di vita vera, e si continua con un racconto di fantasia che include molte, troppe verità.
Questa è una storia che fa riflettere e che ti entra dentro per la sua intensità, per il modo in cui è scritta, che ti coinvolge fino all’ultima parola. Ho sentito il dolore dei protagonisti, la loro forza, la loro debolezza, il senso di sconfitta e di misera speranza.
“Non essere cattiva” è un romanzo da leggere, che fa paura solo per quello che viene palesato: la triste e dura realtà di chi ne subisce di tutti i colori.
I protagonisti sono una madre e i suoi figli: Carol, una donna sopravvissuta alle violenze domestiche da parte di un marito che l’ha quasi uccisa; sua figlia Nicola, la speranza della famiglia, la luce in fondo a un tunnel troppo lungo; suo figlio Graham, altra vittima sacrificale di un’infanzia passata a dover ascoltare le urla di sua madre, che ha trovato la forza grazie a lei e alla speranza nel futuro di sua sorella.
Conosciamo quest’ultimo tramite gli occhi di sua madre e di un altro personaggio, Richard, fautore del cambiamento di Graham. Altro personaggio che ha una storia tutta sua che si va ad intersecare con quella degli altri.
Devo dire che ho apprezzato in profondità tutti i personaggi descritti, perché veritieri e molto reali. Ho amato Pauline, figura che sembra essere lasciata in secondo piano ma che ha avuto una grande influenza in tutti i protagonisti. E ho amato Jim, la rappresentazione di un’altra occasione.
L’autrice è stata bravissima a presentarceli tutti, con i loro pregi e i mille difetti. Perfetti come solo l’imperfezione li può rappresentare.
Gran bel romanzo che, ripeto, vedo più drammatico che thriller. Diciamo che, verso la fine, capiamo perché viene inserito nel genere thriller psicologico, ma solo alla fine.
Una cosa che non mi è piaciuta molto, ma che ovviamente non va a interferire con la votazione finale, è il titolo. Dove in lingua originale troviamo “The lies we hide”, ossia le bugie che nascondiamo, in italiano troviamo “Non essere cattiva” e non riesco proprio a capire il nesso tra questo titolo e il libro che ho letto.
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