Recensione “Stuck” di Marilena Barbagallo

 

 

 

 

Dylan non sa quando è nato. È stato abbandonato, ancora in fasce, davanti al cancello dell’orfanotrofio in cui è cresciuto. Era domenica, perciò lo hanno chiamato Sunday. L’unico colore che definisce la sua vita è il grigio delle mura di Red Oak Manor, ma c’è stato un tempo in cui una ragazzina è riuscita a renderlo felice. È bastato uno sguardo a legarlo per sempre a lei.

Nonostante sapesse di aver conosciuto l’amore, ha dato il peggio di sé: rabbia e gelosia. Pur di proteggerla dal suo peggior nemico, l’avrebbe lasciata andare per sempre.

E lo ha fatto.

Eppure, ci sono sentimenti destinati a non spegnersi mai. Lo sa bene Arya Torres, oggi attrice di successo, il tormento di Dylan. Lui non sopporta di vederla sulle riviste e in quei dannati film, lei di non avere sue notizie. Il giorno in cui si incrociano a Los Angeles, a un party privato, niente sembra essere cambiato.

Lei ha ancora bisogno di essere la sua farfalla.

Lui di incastrarla nella sua ragnatela.

Ma per un criminale non può esserci spazio nel mondo scintillante di una star di Hollywood.

Secondo volume della serie tanto attesa dell’anno, è la volta della Barbagallo e con lei tutto non fila mai liscio.

Machiavellica e intrigante, la sua scrittura si presta ai dark come anche ai contemporanei e con questo, ancora una volta la sua capacità innata di far coincidere ogni punto della storia è stata riconfermata.

I salti temporali sono il suo asso nella manica e in questi avanti e indietro negli anni tutto torna, tutto fa parte del grande puzzle.

I protagonisti sono entrambi personaggi facenti parte del maniero, lui è Dylan, il ragazzo disagiato, abbandonato alle porte dell’orfanotrofio in fasce, una domenica d’autunno qualunque, “qualcuno aveva deciso il destino di Dylan Sunday. Qualcuno aveva stabilito che lui non avrebbe mai conosciuto le sue origini”, e Arya, la ragazza rifugiata nel Red Oak Manor dopo l’abbandono della madre.

Lei sa cosa farà nella vita, una stella che brillerà tra le luci dei riflettori, lui è “quella parte di orfanelli che non si è mai realizzata”, causa persa e addirittura irrecuperabile.

Un amore nato “tra le stanze e il cimitero” del maniero, una sorta di amore protettivo e curioso all’inizio, vitale e indispensabile alla fine.

“Mi importerà sempre di te, anche quando non sarà più lo stesso per te.”

C’è più violenza rispetto al primo volume, tipico di Marilena, oserei dire, violenza fisica e psichica, dipendenza da quelle violenza fino a diventare un tutt’uno.

Lui, semplicemente “Stuck, incastrato, incastrato in questa vita di merda”, lei “Tu sei la mia fiamma. Sei quella che mi accende e sei la ragazza che nessuno può permettersi di spegnere.”

Un amore troppo forte, troppo immenso, troppo… “Io ti ho sempre amata troppo. Così tanto da lasciarti andare.”

Non c’è solo amore, riflettori e passato, ma anche un maniaco che rincorre Arya, un bodyguard improvvisato.

Un segreto svelato solo alla fine, ma per i lettori accaniti e “esperti” del genere, con gli elementi a disposizione aveva già tirato le somme prima e indovinato i ruoli.

ELEONORA

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