Recensione “The Great When: Il grande quando” di Alan Moore

Quando Dennis Knuckleyard, giovane apprendista della feroce Ada ‘Cicca’ Benson, viene incaricato dalla rantolante datrice di lavoro di recuperare un lotto di libri da un collega che vuole disfarsene, e si ritrova per le mani un volumetto che in realtà non dovrebbe esistere, tutto potrebbe immaginare tranne che diventare il protagonista impotente e privo di risorse di una serie di disavventure che lo porterà suo malgrado a esplorare una Londra nascosta e pericolosa, di cui quasi nessuno conosce l’esistenza. Tra venditori ambulanti, maghi, pittori surrealisti, boss della malavita e prostitute dai capelli rosso fuoco, lo sventurato diciottenne si ritrova catapultato in una dimensione parallela alla sua, una Londra onirica che trascende il tempo e lo spazio, dove incontra personaggi in grado di trasformare la sua triste e squallida esistenza nella trama di uno strampalato romanzo da incubo dal quale dovrà cercare di uscire indenne.
Con The Great When: Il Grande Quando, Alan Moore inaugura una pentalogia dove la Londra che conosciamo lascia il posto alla meraviglia di una città ricca di mistero, magia e pura follia.

 


Se ti incuriosisce l’idea di perderti tra le vie di una città energica, assaporando l’odore dell’umida Londra del dopoguerra, questo è il libro che fa per te.

“L’ora rannuvolata che impiego’ per raggiungere Spitalfields – sotto il Tower Bridge, sotto il quale si schiantava una portata immensa di acqua – non aveva una sola stella, il cielo privo da un capo all’altro di promesse”

Il romanzo ci presenta Dennis Knuckleyard, un giovane orfano che lavora in una libreria di seconda mano e scopre un libro che non dovrebbe esistere. Dennis si imbatte in un’Altra Londra, una città incantata, infestata da incubi, una Londra alternativa dove esistono rappresentazioni antropomorfe di crimine e rivolte, dove ogni aspetto dell’esperienza umana è alieno, come il mondo dell’affascinante Grace Shilling o quello dell’artista/mago Austin Osman Spare.

La scrittura rigogliosa ci accompagna nella Londra degli anni ’40, dove sono ancora palpabili gli effetti durevoli del conflitto. L’uso smisurato di metafore originali, di aggettivi e di similitudini soprattutto delle prime 100 pagine, sminuiscono la storia e gli avvenimenti, rendendo difficile la lettura di alcune parti. Nella terza parte, la narrazione diventa ben ritmata, rendendo il racconto più coinvolgente e personale.

Come gran parte dei terrori notturni quell’incubo era un collage di elementi altrimenti prosaici della settimana appena trascorsa, selezionati dal suo subconscio e riassemblati a caso in un nuovo inquietante contesto.

La costruzione dei personaggi di Denis e di Grace è molto credibile, mentre quella del terribile Coffin Ada, sembra meno collegata con la storia. Ho gradito l’intervento di personaggi eccentrici i come Austin Spare, un occultista e artista della vita reale e Jack Spot, un gangster con gli occhi puntati sul premio ultraterreno, che intervengono per ravvivare la narrazione.

Ho amato Denis, un ragazzo così semplice e timido, che lotta per sopravvivere in un mondo molto più duro di lui.

Due note negative, però, macchiano il testo: avrei evitato il continuo bisogno di parlare del pene di Denis e delle sue erezioni. Inoltre, la mancanza di un vero finale mi ha lasciato abbastanza perplessa: non c’è stata una svolta buona o cattiva, era semplicemente finito e basta.

 

 

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