Review Tour “Cose strane” di Alessandra Paoloni

 

 

 

 

 

 

Sinossi:

È la tua mente. Ecco dove sei giunta con il tuo silenzio autoimposto e forzato. Ora sei dissennata, malata, odi e vedi cose, persone che non dovresti né udire, né vedere. L’autolesionismo è stata la tua più grande virtù, il rifiuto il miglior pregio. E con la sola compagnia di te stessa hai aggravato la solitudine alla quale Dio ti aveva già condannata; è la tua stessa mente a generare follia.

In questa raccolta si trattano Cose strane. Tre racconti gotici, dove la Morte e la Vita, il Reale e le Realtà, lo Spazio e il Tempo si mescolano, si fondono e il loro confine diventa labile per creare delle trame fugaci, ma ricche di interrogativi, che mettono l’uomo a confronto con se stesso, con la propria vita e le scelte che compie. High Wall simboleggia la riflessione sull’inspiegabile tra il rapporto dell’io con se stesso e con l’altro, dove il trapasso non è chiaro e la normalità sfugge alla comprensione, per scoprire che niente è come sembra. Membra con membra è l’emblema delle fragilità umane, dove mancanze, difetti e peccati definiscono le personalità le cui vite si intrecciano e i cui sentimenti si mescolano. Vendetta esprime l’eterno viaggio dell’anima verso il suo inevitabile punto di arrivo.

La sfida è leggerli e capire a fondo quanto ci appartenga ogni parola scritta che può esserci d’aiuto o spaventarci, ma di fatto rappresenta La Verità. Alessandra Paoloni torna a sorprenderci con la sua penna che parla all’anima del lettore, che trafigge il cuore dell’uomo.

 

 

 

 

La pioggia continuava a cadere, inarrestabile. Avvertii un innaturale senso di leggerezza, di pace…

Era davvero lì con me.

La morte era venuta a prendere la mia anima.

La Morte che veniva a vendicarsi, come ogni volta, della Vita.

Cose Strane

 

Uno dei generi che per fortuna sta ritrovando la sua notorietà, tutta meritata è il gotico.

Come ben sapete ( lo spero) questi libri straordinari raggruppano degli scritti, sviluppatosi nella seconda metà del settecento caratterizzati dalla presenza di due importanti elementi, snobbati dall’età illuministica, il romanticismo e l’elemento orrorifico sovrannaturale.

Se nelle idee dei vari Voltaire e Diderot, la ragione accompagnava la ricerca della conoscenza, considerando, quindi la gnosi, un vero e proprio processo di apprendimento, per i successivi autori e i successivi artisti esso privava la creatività nel necessario sentimento di mistero, quello che avvolge e inonda ogni vera e autentica ricerca artistico spirituale. Ecco che il romanticismo espresso dall’abbondanza di castelli diroccati, di sotterranei, di cupi ambienti in cui l’atmosfera tenebrosa dava un senso di insicurezza, si accompagnava benissimo con l’elemento psicologico che caratterizza e deve caratterizzare il fascino dell’orrore. Fantasmi, misteri, lati oscuri e pericolosi presenti nei bassifondi dell’animo umano anticipavano di molti anni gli studi junghiani sull’ombra.

Amore e morte si sposavano, quindi in un connubio maledetto e al tempo stesso interessante a livello antropologico, esprimendo la paura e al tempo stesso la meraviglia di fronte alla fine dell’esistenza materiale: laddove la morte mieteva vittima, l’amore, il sentimento persino le passioni più funesta permettevano all’essenza della persona di restare attaccata al piano del reale.

Ecco che due dimensioni smettevano di essere nemiche e si abbracciavano in un eterno ballo frenetico e la tempo stesso poetico, che rendeva l’impronta spirituale dell’essere umano, il fantasma, la dimostrazione di una sorta di speranza: che in fondo, l’oscura signora non era cosi cupa, cosi orribile come l’attaccamento eccessivo alla vita faceva presupporre, ma era solo una guida verso un mondo sconosciuto, da comprendere, da organizzare e da esplorare.

Ecco che la Paoloni si immerge completamente nelle autentiche atmosfere gotiche, facendo propria la sensazione di una sorta di necessità della signora con la falce, quasi a sottolineare come essa sia davvero il custode dei misteri che, non si rivolgo soltanto ai cosiddetti “segreti della tomba”.

Ma anche alla capacità di osservare l’intero percorso umano con altri occhi, onde scoprirne le idiosincrasie, i malesseri, le perversioni e le ipocrisie.

Nel libro della Paoloni dunque, tramite il contatto con il numinoso vengono svelati i problemi, le imperfezioni tipiche dell’animo umano, che riguardano l’incapacità di rapportarsi con la realtà e con l’altro, come in High Wall, l’inutilità del corpo e della valorizzazione eccessiva della bellezza come in membra che non può non ricordarci la bellissima canzone di Branduardi “Vanità di Vanità”

Sei felice, sei, dei pensieri tuoi,
godendo solo d’argento e d’oro,
alla fine che ti resterà?
Vanità di vanità.

Vai cercando qua, vai cercando là,
seguendo sempre felicità,
sano, allegro e senza affanni…
Vanità di vanità.

Se ora guardi allo specchio il tuo volto sereno
non immagini certo quel che un giorno sarà della tua vanità.

O la consapevolezza che, in fondo, nonostante ogni nostro sforzo per ignorarla, per combatterla con gioie, bellezza, vizi e persino virtù il nostro fine ultimo è abbracciare l’estrema ultima fine come in “Corpo”

“Cose strane”, il titolo, forse non riguarda davvero  l’enigma dell’ultimo viaggio, quanto la nostra volontà pedissequa di volgere il nostro sguardo altrove, per sfuggirne non solo l’irruente e scomoda presenza ma anche la sua fine ultima: tutti sanno che, in fondo, è solo alla fine che si sciolgono i nodi. E in membra quest’elemento è fondamentale e presente: la vita perfetta si rivela in tutta la sua atroce falsità, si svelano drammi che il nostro io vigile tende e non contemplare, si ritrova il dolore laddove la nostra ossessiva ricerca del piacere ce lo fa letteralmente ignorare.

La morte in questi tre angoscianti ma al tempo stesso poetici racconti,sollevano quel velo di Maya che nasconde la vera realtà, rendendo palese come il nostro vivere, non sia altro che un eterno drammatico e grottesco dramma da commedianti.

E sopra ogni forma rabbrividente il sipario, vasto drappo mortuario, discende con la violenza d’una tempesta; e gli angeli, tutti pallidi e smorti, levandosi e svelandosi, affermano che questo spettacolo è una tragedia che si chiama «L’uomo» in cui il vincitore è il «Verme Conquistatore».

Edgar Allan Poe

 

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