Fare da baby-sitter a un bambino autistico? Il professor Donovan deve essere impazzito!
Ecco il primo pensiero di Kate.
Lei che già si vedeva immersa anima e corpo in una ricerca sperimentale all’avanguardia, o magari chiamata a rinfoltire le fila di una prestigiosa azienda della Silicon Valley, è costretta suo malgrado a piegarsi allo strambo volere del suo mentore.
Ma i guai della ragazza non sono finiti lì: il padre del bambino, infatti, è Philip Clark, uno dei professori più temuti e ammirati dell’intero ateneo, noto per essere un uomo schivo, ostile, poco incline al contatto umano e con origini aristocratiche a rendere ancora più austero il suo comportamento.
C’è di peggio? Ebbene sì, dato che Kate ha un trascorso scomodo e gravoso che ha sempre tenuto nascosto a tutti e che tale avrebbe dovuto restare per sempre. Mantenere un segreto con Philip Clark, tuttavia, è impossibile, e lei lo capirà presto, anzi, prestissimo.
Kate e Philip: due persone così diverse, ma in fondo così simili.
Il caso li mette l’una sulla strada dell’altro e un’esperienza iniziata in sordina, affrontata in punta di piedi e a fior di labbra, si trasformerà in fretta in qualcosa di terribilmente coinvolgente, li travolgerà tutti con la forza di un tornado, minerà le loro sicurezze e rimetterà tutto in discussione, compreso il loro futuro e la loro felicità.
Ho scelto questo libro perché so cosa prova, sente e vive la famiglia di un bimbo con una disabilità. Le sofferenze e i silenzi, i singhiozzi nella notte, la non accettazione, gli urli silenziosi, le lacrime di gioia per ogni piccolo o grande traguardo.
Quella domanda urlata al vento: “Perché proprio a me?”
Il peso insostenibile della solitudine, dell’impotenza, della rabbia, del dolore.
Un dolore che logora anima, cuore, rapporti e famiglia.
Non è compassione che si cerca, ma sostegno, non è aiuto finanziario che si chiede, ma essere ascoltati.
È difficile parlarne e, sicuramente, scrivere un romanzo del genere, dove la storia d’amore passa in secondo piano e vicende, interazioni, progressi e legami umani vengono messi in evidenzia, sarà stato ancora più difficile.
C’è una tacita denuncia, un grido di aiuto per quelle famiglie che “subiscono” la disabilità. Non è una scelta, ma diventa un’avventura giornaliera, uno sforzo sovraumano, una lenta e progressiva sofferenza.
È un libro che mi ha toccato nel profondo e, se l’autismo, ad oggi, è una malattia di cui non si sa niente e di cui non si conoscono le cause, ne subiamo comunque le conseguenze, non si hanno ragioni, colpevoli e nessun aiuto da parte delle istituzioni. Questo libro, teneramente e dolcemente, ne spiega il vivere insieme, il convivere con questa disabilità.
Sentirsi impotenti, inermi, di fronte a quel silenzio voluto, a quei comportamenti inusuali e inspiegabili.
Ammetto di aver pianto in alcuni passaggi e mi sono sentita inutile come il protagonista, sola contro il mondo, sola contro qualcosa senza volto né nome.
L’autrice è riuscita nel suo intento, l’aver provocato emozioni nel lettore.
Una dottoranda in psicologia a cui viene “imposto” di fare da baby-sitter a un bambino autistico e ripercorrere il suo passato.
Sarà la sua rivincita? Troverà la sua pace? Riuscirà a mantenere un rapporto prettamente professionale e distaccato di fronte a quel viso d’angelo?
“Io non posso permettermi di essere normale. Io devo essere di più.”
Arrendersi non è mai stata un’opzione, lottare ogni giorno e raggiungere i piccoli traguardi imposti lungo il percorso.
Una storia d’amore, di vita, di sostegno e di paura.
Una storia che leggerla farà bene al cuore, aprirà la mente su concetti grezzi e preistorici. Una storia che, tra silenzi, piccoli gesti, un abbraccio spontaneo, un sorriso “sghengo”, aprirà il cuore.
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