Segnalazione di uscita “La sposa di Valleargentina” di Giovanna Barbieri

 

 

 

 

Titolo: La sposa di Valleargentina

Autore: Giovanna Barbieri

Pagine: 300

Formati: cartaceo e digitale

Distribuzione: on-line e in libreria.

Genere: romance storico-medievale.

Data di pubblicazione: 18 luglio 2022.

Milano, primavera 1494

Guglielmo è un soldato di ventura che del mondo ha conosciuto solo la brutalità. Tutto sta per cambiare quando incontra per la prima volta lo sguardo di Claire, dama dall’aspetto etereo e dalla volontà di ferro, sola al mondo e bisognosa di protezione.

Guglielmo la desidera, e non solo per una notte… ma le sue origini bastarde lo frenano dall’aprirsi con lei, al punto da nasconderle un segreto capace di compromettere per sempre le loro vite.

Claire è spaventata dal soldato ombroso ed enigmatico, ma l’alternativa a seguirlo sarebbe esporsi a una Milano imprevedibile e violenta, dove una donna sola ha ben poche chance di sopravvivere.

Quando l’ombra della morte sconvolgerà le loro giovani vite, Guglielmo e Claire capiranno che solo stando insieme saranno in grado di affrontare un’Italia sconvolta dalle guerre interne e da nemici imprevedibili.

Nel romanzo troverete anche Isabella d’Este, marchesa di Mantova, e Ludovico il Moro, duca di Milano.

Stralcio prologo  del romanzo, ambientato nel 1490.

Taggia, villaggio della bassa Valle Argentina

«Indossate ancora quei luridi farsetti rattoppati? Muovetevi! Il banchetto di nozze di Mariella inizierà tra poco. Non voglio arrivare in ritardo» l’apostrofò duro il padre con le mani sui fianchi, immobile sul portone della stalla.

Guglielmo lo guardò un po’ stranito, interrompendo il lavoro. Poi ricordò che Mariella, la figlia del fattore Tommaso, si doveva sposare quel giorno con un artigiano di Monesi, e che la sua famiglia era stata invitata.

«Io non voglio mancare. Si berrà roba buona e si mangerà maiale» gioì Antonio allontanandosi dal destriero e posando la striglia che aveva in mano. In fretta seguì il padre, che stava ritornando nel castello.

«Tu hai voglia d’andare?» brontolò Matteo girandosi verso Guglielmo che aveva ricominciato a spazzolare uno dei nuovi cavalli acquistati in Francia.

«Certo che sì! Il fattore vuole ingraziarsi Lucio Castellaro per pagare meno fitto e lo accontenterà in tutto. Siamo stati invitati anche noi figli. Antonio è il futuro amministratore della terra e del castello. Poi so già che ci sarà da menar le mani, oltre a riempirsi lo stomaco. Lo sai che sono amico di molti contadini e loro non vedono di buon occhio quello straniero innamorato di Mariella.»

Stanotte ho anche sognato una rissa, grida e sangue. E le mie visioni si avverano sempre, qualsiasi cosa faccia, rimuginò Guglielmo aggrottando la fronte.

«E per forza. È molto carina» commentò Matteo senza notare l’espressione truce del suo viso. «Se solo non fosse così povera, ci avrei fatto un pensierino anch’io. Ha due tette che pesano dieci libbre ciascuna!» scherzò.

«Andiamo, su, ci divertiremo a randellare lo sposo, quando partirà con lei» sogghignò Guglielmo, sempre pronto a sostenere gli amici.

Lui era un illegittimo e l’amicizia stretta con i contadini e gli artigiani di Taggia non era malvista dal padre. Per di più con la figliola del mugnaio, che non era di certo una fanciulla casta, se la spassava parecchio, come tutti i ragazzi del villaggio.

Mi piace anche Bona, per carità, amo quella serva, ma Dorotea è dolce come il più succoso dei frutti. Chissà se al banchetto ci sarà anche lei. Potrebbe anche scapparci una sveltina.

«Portiamoci anche un pugnale a testa. Uno da allacciare in cintura, bene in vista.»

Guglielmo assentì. Non era la prima volta che usava una lama per difendere i suoi interessi o quelli del padre. Con Matteo s’addentrò nel castello e si diresse di corsa nella sua camera da letto al terzo piano. Dal baule, collocato ai piedi del letto a baldacchino, estrasse un farsetto pulito, lo indossò e s’allacciò in vita la fodera del pugnale e un borsello; in fretta ritornò nella stalla per sellare Furioso.

Suo padre e Antonio erano già partiti, così percorse la strada in discesa con Matteo. Ci misero poco ad arrivare al centro del villaggio e alla fattoria di Tommaso, che era la più grande della zona. Dal suo fitto il padre ricavava molto guadagno, spesso anche in natura, che doveva spedire in parte a Genova.

Era quasi giunto all’abitazione e si accorse che il banchetto di nozze si sarebbe tenuto all’aperto, sotto le piante d’ulivo davanti alla casa, dove il fattore aveva montato dei tavolacci e spostato le panche. Tra la folla di popolani giunti per scroccare buon cibo e ottimo vino intravide sia Mariella con lo sposo sia il padre e Antonio con il fattore, che chiacchieravano e bevevano in allegria. Era presente anche Dorotea, attorniata da giovani artigiani e contadini, mentre il mugnaio la guardava torvo.

«Qui ci scapperà una lite furibonda prima di sera, quando tutti saranno ubriachi» lo avvertì Matteo indicandogli Dorotea con un cenno del capo.

«Dorotea è ormai considerata una cortigiana da lume, nonostante il padre lo neghi. Tutti ci serviamo delle sue grazie e tutti paghiamo per averla. C’è qualcuno anche molto affezionato a lei, ma non credo che s’arriverà alle mani per difendere il suo onore» lo smontò Guglielmo dirigendosi con Matteo verso il padre e Antonio.

Nella mia visione non c’era Dorotea.

Una campanella tintinnò nell’aria tersa del primo meriggio e la folla si sedette, stringendosi sulle panche. Alcune donne che abitavano nella fattoria iniziarono a uscire dalla cascina, reggendo su grandi vassoi quaglie, lepri, anatre, oche e polli arrostiti, accompagnati da salse vegetali e da brocche di vinello. La primavera rendeva tiepida e piacevole la temperatura, rinfrescata ogni tanto da leggere folate di brezza.

Guglielmo conversò e si divertì sia con i fratellastri sia con i giovani popolani. Non ci furono avvenimenti degni di nota fino al tardo pomeriggio, prima che lo sposo di Mariella si alzasse per partire con la moglie. Doveva condurla nel proprio villaggio, dove lei avrebbe trovato la nuova casa.

Anche i parenti dello sposo si mossero dalla tavola e si diressero verso i rispettivi cavalli. Ubriachi fin quasi a non reggersi in piedi, molti taggiaschi si drizzarono a stento e li seguirono.

«Andiamo anche noi, Matteo» propose Guglielmo, intuendo che ci sarebbe stata un’altra contesa.

Forse è quella che ho sognato stanotte? pensò Guglielmo, eccitato ma anche incerto.

Le sue visioni non erano mai così dettagliate da fargli capire dove si sarebbe svolta una lite, né quando sarebbe morto un avversario o un amico. I due novelli sposi erano a due passi dal carro che li avrebbe condotti a Monesi, ma il gruppetto di taggiaschi li raggiunse.

«Figlio di un cane, lascia qui Mariella. Non ti permetterò mai di portarla via!» ringhiò Marino sferrando il primo pugno allo sposo.

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