Titolo: Moulin Rouge
Autrice: Mary Rood @maryrood2021
Genere: Romance
Data d’uscita: 25.02.2023
Prezzo cartaceo: N/D
Prezzo ebook: inizialmente 0,89 poi 2,70
Kindle Unlimited: sì
Publishing Flower
Sophie, una ragazza dalla pelle diafana e i capelli rossi, fuggirà dall’istituto di suore, grazie all’aiuto della cuoca Odille, con una valigia di cartone e un biglietto di sola andata per Parigi.
Si ritroverà a bussare a un portone verde sbiadito e una coppia gay le darà ospitalità.
In quella casa sentirà suonare per la prima volta il pianoforte.
E Sophie diventerà una sola cosa con lui: con i tasti, con i suoni, con la musica.
Conoscerà Simone che, col suo lungo bocchino nero, con i riccioli di fumo e la sua tazza di tè, le entrerà nel cuore.
Conoscerà un bambino magro e silenzioso; non gioca con gli altri e gira col gesso in mano, disegnando e colorando ovunque.
Lo strano ragazzino si chiamava Henry De Tolouse Lautrec.
Lì unirà un’amicizia speciale che durerà tutta la vita.
A teatro, vestita di nuovo, scoprirà un mondo di dame e cavalieri…
Emozionata, il suo sguardo incrocerà gli occhi di un ragazzo nel palco accanto…
Un sorriso…
Come si chiama?
L’avrebbe rivisto?
L’istituzione di una nuova assemblea a Versailles e il timore di una restaurazione monarchica farà scatenare il popolo.
A Parigi si costruiranno barricate con sedie, porte, carri, botti…
Sophie uscita a cercare provviste, verrà travolta dalla folla.
Sarà il ragazzo del teatro a prendersi cura di lei.
E poi colpi d’arma da fuoco, passaggi segreti, soldati… l’amore…
Passeranno mesi… la paura di averlo perso…
Finché un giorno… una sua lettera… pagine fitte fitte: il viaggio nella stiva della nave, la paura, i morti buttati a mare, l’ammutinamento, la tempesta…
Il lasciapassare per l’America…
David… il suo dottore dall’animo buono.
I loro cuori, uniti dal filo rosso del destino, si ritroveranno?
***
Biografia Mary Rood
Nata il primo giorno di primavera quando tutto si risveglia dal sonno invernale, la sua finestra affaccia su un piccolo lago incastonato tra le montagne.
Ama l’arte, i libri, i suoni della natura e il profumo dopo la pioggia.
Scrittrice e illustratrice, ha pubblicato :
Croac e la strana malattia – Raffaello Editore
Una sorpresa per Martin – Acco Editore
Tortine e carotine – Buk Edizioni
Tutti a bordo – Buk Edizioni
Un pipistrello da Babbo Natale – Buk Edizioni
La banda dei tesori – Pav Edizioni
L’Orco Mangiabottoni – Literary romance kids
Il sussurro dell’acqua – Blueberry Fantasy Edizioni
Il respiro delle stelle – Blueberry Edizioni
I libri e l’amore l’hanno portata dappertutto, su isole tropicali, montagne innevate, praterie infinite… provando le sensazioni più intime, con la speranza che da sempre accomuna donne e uomini di tutti i tempi: quella di essere felici.
Mary Rood e i suoi romanzi… per sognare e per farvi innamorare della vita e dell’amore.
Un sussurro a quella parte del cuore dove si conservano le emozioni più preziose.
Brevi frasi tratte dal testo:
Moulin Rouge
Mary Rood
***
Il cielo era grigio, gocce di pioggia cadevano silenziose.
Con uno straccio in mano stavo spolverando uno per uno i volumi della grande libreria in salotto, quando Enrique iniziò a far correre le sue dita sui tasti del pianoforte.
La musica non la conoscevo.
Dentro di me era solo un vago ricordo.
Le corde colpite dai martelletti iniziarono a vibrare, riempiendo lo spazio, l’aria, la mia anima e il mio cuore.
Le note si susseguivano dentro e fuori di me, trasportandomi oltre la stanza.
La musica travolse ogni mia cellula.
I miei occhi parlarono al posto mio.
E lui, Enrique, se ne accorse.
«Sophie, vieni a sederti qui vicino.»
Lasciai lo straccio.
Appoggiò le mie mani sul legno del pianoforte e riprese a suonare.
Ascoltai un motivo che pareva raccontare tutta una vita, con gli alti e i bassi, con i momenti felici e tristi.
Il mio cuore batteva forte: potere della musica.
Enrique da quel giorno iniziò a darmi lezioni di pianoforte.
E io decisi che avrei voluto diventare una cosa sola con lui: con i suoi tasti, con i suoi suoni e con la sua musica.
Fu così che incominciai a suonare.
Il mondo in bianco e nero dell’istituto che avevo temuto, che tanto mi aveva fatto soffrire, lo ritrovavo sotto le dita.
Forse ora sarei riuscita a creare qualcosa con quei colori tanto odiati, o almeno speravo di dimenticare il dolore a essi associato.
Le mie dita da quel giorno in poi provarono, sbagliarono, lottarono, amarono scontrandosi quotidianamente con quella manciata di tasti bianchi e neri.
***
I bambini giocavano nella stretta viuzza, stretta come la maggior parte delle vecchie vie di Parigi.
Tutti i giorni li osservavo e ascoltavo il loro vociare al di là del giardino.
Ce n’era uno in particolare, uno più solitario, uno che girava col gesso in mano, pasticciando ovunque: disegnava sui muri, disegnava per terra, disegnava anche sul nostro portone.
Non v’era angolo che risparmiasse.
Un bambino magro e silenzioso.
Sembrava che il gruppo non gli interessasse, ma i gessi sì e ogni spazio, ogni porta, ogni anfratto, ogni gradino o bordo di strada diventavano suoi.
Anche lui forse cercava di trasformare il grigio che lo circondava.
Forse mangiava poco come me quando ero in collegio.
Forse non conosceva i profumi e le spezie del mondo.
Forse era triste e con lo stomaco chiuso com’era stato il mio.
Forse dovevo provare a conoscerlo.
Quando arrivava la pioggia, i suoi disegni si scioglievano formando rigagnoli dai mille colori.
Ma appena tornava il sole e le strade si asciugavano, il bambino ricominciava il suo lavoro.
Il momento in cui gli parlai per la prima volta, fu quando lo vidi abbozzare il disegno di un pianoforte.
Scoprii che ogni giorno fuggiva, scappando da una grande villa in cima alla strada dove veniva trattato come un principe e dove poteva avere tutto quello che desiderava.
C’erano tre giardinieri, tre camerieri e due cuoche.
Sua madre lo amava, forse un po’ troppo.
A lui non interessava nulla all’infuori dei suoi gessetti colorati.
Quando spariva nessuno si preoccupava, perché il giardino era grande e la serra in fondo al parco ancor di più.
Credevano si nascondesse in mezzo alle piante tropicali, arrivate da ogni parte del mondo.
Invece lui aveva trovato un passaggio per uscire, sotto all’edera nel punto più a nord del giardino.
Lo strano ragazzino si chiamava Henri De Toulouse Lautrec.
***
La settimana successiva dovetti pulire, lustrare e rassettare come non mai.
Preparai il grande letto a baldacchino nella stanza degli ospiti.
Dalla finestra ammiravo la fioritura della lavanda, del glicine e della passiflora.
Ne raccolsi un mazzo, riempii d’acqua fresca un vaso azzurro e lo appoggiai sopra al tavolino per rallegrare la stanza.
La madre di Alain stava per arrivare.
Non sospettava della loro relazione o almeno lui ne era convinto.
La cucina quel giorno profumava di buono.
Avevo apparecchiato legando piccoli mazzetti di fiori sulle posate.
Eravamo tutti pronti, quando finalmente arrivò.
Occhi azzurri, capelli mossi bianchi e fossette sulle guance; pareva avvolta da riccioli di fumo che uscivano da un lungo bocchino nero.
Attendevo in un angolo, pronta a prenderle la mantella; mi sorrise:
«Vieni qui Sophie!» Stringendomi in un abbraccio.
Aveva un modo di parlare delicato con una erre pronunciata. Da tanto tempo nessuno più mi abbracciava, nessuno dopo Adele in quella mattina grigia.
Gli occhi mi si bagnarono di lacrime.
Feci finta di niente, ma mi aveva conquistata.
Si chiamava Simone.
Ancora non lo sapevo, ma avrebbe avuto una parte importante nella mia vita.
***
E ora?
Non so se e come riuscirò a cavarmela, non so se ti rivedrò ancora e questo è il mio più grande timore.
Mi distruggo all’idea.
Ti ho appena trovata e forse persa per sempre.
Mi sento già morto.
Il mio pensiero ti raggiungerà in qualche modo?
Una stella la notte brillerà più delle altre, per dirti qualcosa su di me?
Un alito di vento ti scompiglierà i capelli per farti sapere che sono ancora vivo?
Solo pensieri ti posso mandare.
Chissà se basteranno a tenerci uniti.
Chissà…
Solo pensieri…
***
C’era un ragazzo dai tratti orientali a bordo, non parlava e non guardava negli occhi nessuno. Forse non conosceva la nostra lingua. Chissà come mai era finito anche lui sulla nave.
Mentre lavavo il ponte, spesso me lo ritrovavo di fianco, arrivato con passo silenzioso e sicuro, dal regno del silenzio.
Godeva di una certa autonomia ed era rispettato da tutti.
Lavorava instancabilmente schivando ogni schiamazzo, ogni battibecco e, sempre taciturno, concludeva la sua giornata in un angolo della stiva.
Ashoka, questo era il suo nome e anche l’unica parola che gli avevo sentito pronunciare.
Era piccolo, esile, agile e con grandi occhi scuri.
Ogni mattina, prima che i membri della nave si svegliassero, lo vedevo impegnato in una serie di esercizi.
Masticava spesso una strana radice.
Ashoka stava bene, non aveva gli occhi infossati, non era di malumore, conservava tutti i denti ed era pieno di energia…
Mi incuriosiva e pian piano lo avvicinai cercandone l’amicizia.
Grazie a lui imparai il valore del silenzio.
Il peso di ogni azione e di ogni parola.
Un battito d’ala provoca un uragano dall’altra parte della terra. Diceva Ashoka.
Fu così che mi salvai, masticando la sua radice piccante, parlando il meno possibile, respirando e imitando i suoi strani esercizi ogni giorno.
Compresi l’importanza di ringraziare per quello che avevo.
Tornai in forze.
Nel frattempo molti, tra cui lo stesso capitano, perirono debilitati dalla malattia del mare.
Noi continuammo a mangiare un poco di radice di zenzero ogni giorno.
Ashoka, entrato nella mia vita con passo felpato e silenzioso, non ne era più uscito.
***
E poi il mare, Sophie, il mare con il suo profumo e i suoi colori quando si tinge di rosso, di oro, di fucsia e le notti stellate e quel dondolio ormai familiare che mi culla e non mi fa più vomitare.
Siamo sotto lo stesso cielo Sophie, sotto le stesse stelle.
Ti spedirei un po’ del suo profumo e del blu di questa notte illuminato dalla luna.
Anche quella sera ringraziai il cielo e le stelle per avermi permesso di sopravvivere.
Chissà se Sophie mi pensava.
Chiesi di proteggerla.
La mia stella… Sophie.
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